Tamberi non ci sta: «Test deliranti»
Il fratello coinvolto e una idea: «Schwazer a Rio? Tutti noi a casa»
Personalmente, preferirei tornare da Rio senza titoli ma con la coscienza pulita piuttosto che con l’unica medaglia di Schwazer nella marcia».
Torniamo ai test elusi: il sistema dei whereabouts era così fallace?
«Un delirio».
Racconti.
«Trimestralmente, per i tre mesi successivi, bisogna comunicare la reperibilità agli ispettori antidoping: un’ora al giorno, tutti i giorni. Io ho avuto la fortuna di entrare nel sistema quando è diventato online e mi sento di poter dire di avere la coscienza cristallina. Tra Pechino e Zurigo, in una settimana, mi hanno controllato quattro volte. Ma prima era un disastro. Che ha coinvolto mio fratello».
In Italia l’unico trovato positivo all’epo è Alex Mio fratello Gianluca è in raduno in Spagna: se lo conosco bene sarà una belva
Cosa le ha raccontato?
«La piattaforma dei whereabouts funzionava male o non funzionava affatto, gli atleti pensavano di aggiornare le reperibilità e invece la comunicazione non arrivava a destinazione. Scriveva la Fidal: ragazzi, occhio che siete in ritardo... E gli atleti: ma se abbiamo già compilato il modulo! Allora partiva il fax... Insomma, un casino allucinante».
Che nessuno si è mai premurato di sistemare.
«Un sistema con falle immense che ha messo in cattiva luce gente che non c’entra niente. Ventisei atleti con lo stesso problema, altro che doping: le sembra normale?».
O ventisei atleti che hanno volutamente eluso i test.
«Ma quando mai? Molti li conosco e ci metto la mano sul fuoco: Meucci e quelli che erano con me a Pechino, poi Greco, Donato, la Salis... Innocenti vittime del sistema per cui hanno chiesto due anni di squalifica. È imbarazzante».
Questo scandalo intacca il suo approccio all’atletica?
«Per niente. Continuo ad allenarmi in vista dei Giochi. Questo incubo finirà in una bolla di sapone».
Se non fosse così? Se a Rio per l’Italia ci saranno Tamberi e pochi altri?
«Sarebbe tragico, e ingiusto».