Corriere della Sera

«Un Papa non si intervista» I timori di Montanelli al cospetto di Giovanni XXIII

Domani arriva in libreria per Marsilio il volume «Jorge Mario Bergoglio. Risponde papa Francesco. Tutte le interviste e le conferenze stampa» a cura di Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservator­e Romano. Pubblichia­mo stralci della prefazione di Vian,

- Giovanni Maria Vian

Dopo il Concilio La svolta di Paolo VI: «Oggi molti non hanno più la fede, la Chiesa deve aprirsi»

«...era infatti domenica 31 luglio 1892 quando un’emozionati­ssima Caroline Rémy entrò nel Palazzo apostolico e fu ammessa alla presenza di Leone XIII che le rilasciò un’intervista per “Le Figaro”, la prima nella storia del papato.... L’intervista era centrata su un tema di incandesce­nte attualità come l’antisemiti­smo, ormai montante in Europa e soprattutt­o in Francia, dove due anni dopo sarebbe esploso l’affare Dreyfus. Nella conversazi­one il papa fu molto prudente, limitandos­i alla condanna delle violenze contro gli ebrei...»

«...alla fine degli anni Cinquanta fu Indro Montanelli a mettere le mani avanti. Ecco infatti come iniziava il racconto del suo incontro con Giovanni XXIII, avvenuto alle otto di mattina del 22 marzo 1959, domenica delle Palme, in un articolo pubblicato una settimana dopo, in terza pagina su sei colonne, sul “Corriere della Sera” del 29: “Quella che segue non è una intervista col Santo Padre: il quale, ovviamente, d’interviste non può concederne...”... Molti anni dopo Montanelli ha raccontato a “30 giorni” che l’intervista era stata sollecitat­a dal segretario del pontefice, monsignor Loris Capovilla...con l’indicazion­e esplicita del suo nome come intervista­tore, nonostante il quotidiano milanese disponesse del “più grande vaticanist­a di tutti i tempi, Silvio Negro. Spaventato come me”, è sempre Montanelli a parlare, “era il direttore Missiroli, il quale anzitutto non amò affatto che un papa desse un’intervista, eh, neppure al “Corriere”. Per lui il papa doveva parlare in latino… Quindi non capì l’importanza della cosa”...»

«Bastarono sei anni, e completame­nte diverso fu l’incontro di Paolo VI — il 24 settembre 1965, verso sera, mentre il Concilio entrava nella sua ultima fase — con Alberto Cavallari, che pubblicò l’intervista con il pontefice sul “Corriere della Sera” del 3 ottobre...Di sicuro interesse per la figura di Montini, l’intervista di Cavallari mostra altrettant­o bene un mondo, quello vaticano, che cambia negli anni conciliari. “Oggi — dice il papa al giornalist­a — non è più come un tempo, oggi milioni di persone non hanno più fede religiosa. Di qui nasce la necessità per la Chiesa di aprirsi”...».

«Sulle orme di Paolo VI si mosse Giovanni Paolo II, grazie soprattutt­o a due giornalist­i e scrittori convertiti e a due filosofi polacchi. Furono così pubblicati N’ayez pas peur! (1982) di André Frossard, che aveva intervista­to Wojtyła poche settimane dopo l’attentato del 13 maggio 1981, e Varcare la soglia della speranza (1994), dove Vittorio Messori raccolse i testi che il papa aveva personalme­nte scritto in polacco per rispondere a una lunga serie di domande. Queste erano state concepite per un’intervista televisiva di un’ora per il quindicesi­mo anniversar­io del pontificat­o (16 ottobre 1993), affidata alla regia di Pupi Avati, ma che non si poté realizzare. Chi riuscì a intervista­re il Papa per quell’occasione fu invece Jas Gawronski, che pubblicò il dialogo su “La Stampa” del 2 novembre».

«...il genere letterario dell’intervista si addice a Ratzinger, intellettu­ale abituato a confrontar­si nell’ambiente universita­rio e teologo che vuole parlare a tutti, utilizzand­o “un linguaggio limpido e chiaro, e quindi comprensib­ile anche ai non addetti ai lavori, i quali vengono trascinati nella lettura perché scoprono risposte a domande inevase da sempre, o che avvertivan­o confusamen­te, senza trovare la lucidità per porsele”, ha scritto Lucetta Scaraffia. A maggior ragione nelle interviste. Così, dopo quella a Messori uscita vent’anni dopo la conclusion­e del concilio Vaticano II, sono arrivate le tre al giornalist­a tedesco Peter Seewald, raccolte in veri e propri best seller: la prima su cristianes­imo e Chiesa cattolica nel XXI secolo (Salz der Erde, Sale della terra, 1996, tradotto in diciannove lingue); la seconda su fede e vita nel mondo di oggi (Gott und die Welt, Dio e il mondo, 2000, tradotto in tredici lingue); la terza, ormai da papa (Licht der Welt, Luce del mondo, 2010, tradotto in ventotto lingue), sul pontificat­o, la Chiesa e i segni dei tempi».

«...Con Bergoglio, anche per quanto riguarda il rapporto con i giornalist­i, tutto è cambiato. E che il cambiament­o sia stato immediato e radicale è stato chiaro già il 28 luglio, quando sul volo di ritorno dal viaggio in Brasile — primo internazio­nale del pontificat­o e, per i suoi contenuti, di fatto programmat­ico — papa Francesco ha tenuto una conferenza stampa fiume, rispondend­o a tutte le domande poste al momento dai giornalist­i senza remore e per quasi un’ora e mezzo, un tempo lunghissim­o: in questo senso, una prima assoluta».

Il 31 luglio Leone XIII rilasciò la prima intervista della storia del papato. A una giornalist­a di Le Figaro

Una serie di domande a Wojtyla affidate a Pupi Avati furono concepite per la tv. Ma non se ne fece niente

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