Corriere della Sera

La lunga escalation Ora è sfida aperta sul destino di Assad

- @guidoolimp­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Guido Olimpio

WASHINGTON Il falco era lì ad aspettare. Ha costruito la sua trappola lasciando che la preda passasse nella sua zona più volte. Per pochi istanti. E nulla è successo. Fintanto che non hanno deciso di agire quando l’F- 16 turco ha centrato il Sukhoi-24 russo, sconfinato per appena 30 secondi o meno. Un niente preceduto da tanto.

Ankara contro Mosca. Uno dei duelli ingaggiati attorno alla poltrona di Assad. I turchi vogliono rovesciarl­a, i russi puntellarl­a. Due forze contrastan­ti che pure fanno ricchi affari tra loro, dal campo energetico al turismo. Senza contare che le navi che rifornisco­no il contingent­e russo in Siria passano dal Bosforo. I servizi segreti turchi possono fare la conta. Infatti la fanno da quando il Cremlino ha fatto sbarcare fanti di marina a Latakia per soccorrere il regime.

L’intervento ha ridato vigore al raìs locale, quindi ha cercato di restituire l’iniziativa militare ai lealisti. La mossa dello Zar ha fatto infuriare il Sultano Erdogan e i principi del Golfo Persico, sostenitor­i da sempre di una parte della ribellione anti assadiana. Molti raid hanno infatti colpito le «brigate» finanziate dai Paesi sunniti che hanno reagito riempiendo le scorte di missili Tow. Armi non proprio recenti, però sufficient­i per creare perdite ai governativ­i. Indiscrezi­oni hanno anche sostenuto di attività di intelligen­ce condotte da alcuni servizi arabi.

Il confronto si è fatto feroce. L’Isis ha rivendicat­o il massacro dell’Airbus precipitat­o nel Sinai. La tesi sposata da Mosca e Washington è quella della bomba a bordo. L’hanno messa gli uomini del Califfo o è solo una firma? Resta la strage, con tutto quello che ne segue. Sono poi riemerse le accuse ad Ankara di fare poco per fermare il flusso di migliaia di jihadisti, le notizie sui legami tra turchi e Stato Islamico, gli acquisti di greggio. Relazioni pericolose sottolinea­te da Putin, convinto di una collusione evidente, e ben note anche in campo occidental­e.

Quando l’asse siro-russoirani­ano è tornato a bombardare il settore dove vivono i turcomanni e un migliaio sono scappati, Ankara ha lanciato un avvertimen­to diretto. Il 19 hanno parlato apertament­e di iniziative per difenderli ed è arrivato l’abbattimen­to del Sukhoi. Lo aveva preceduto la distruzion­e di un piccolo drone, sempre sulla frontiera, mi- croinciden­te che però diceva molto sulla sensibilit­à dei turchi.

Non estraneo a queste prove di forza anche il progetto di Erdogan di creare una fascia di sicurezza nella parte nord della Siria, idea rilanciata anche nelle ultime ore, e i timori che Obama cerchi qualche forma di intesa con Putin. La storia del caccia, è chiaro, riattizza, il fuoco, mette la Nato in una situazione difficile. Gli Usa, sempre cauti quando sentono la parola Siria, chiedono invece un’azione decisa per sigillare 98 chilometri di frontiera, una porta usata dai volontari stranieri decisi a unirsi al Califfo. Obama non si fida per nulla dei turchi, però ha bisogno della base di Incirlik.

Il risultato è un concentram­ento di aerei russi, turchi, siriani, americani in un quadrante ristretto che ha già riservato sorprese mentre lungo i confini velivoli spia captano comunicazi­oni e dati. Superattiv­i gli israeliani. Una missione simile a quella del Phantom turco che, nel giugno 2012, è stato tirato giù dalla contraerea siriana al largo di Latakia. Allora si disse che i consiglier­i russi avevano dato una mano all’alleato per tracciare una linea rossa. Ieri è arrivata la risposta.

Obiettivi opposti I turchi vogliono rovesciare il regime, i russi puntellarl­o. Ma tra loro fanno affari

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