«Noi, schiavi kamikaze» Tra i bambini fuggiti dall’Accademia dell’Isis
Liberi per 30 mila dollari grazie a una rete di salvataggio
di altri bambini, alcuni dei quali musulmani. Una divisa militare, un giaciglio d’erba secca. «Sono bravo a sparare, dammi una pistola e ti faccio vedere». L’addestratore era un saudita, Abu Shoq. «Ci mostrava video di decapitazioni. Prometteva che ci avrebbe dato un’arma, un salario e una bomba per farci esplodere in Kurdistan. Ci diceva: “Nessuno di voi tornerà a casa”. Io non piangevo, era vietato. Ma pensavo che l’America sarebbe venuta a salvarmi».
Invece è arrivato Abu Suleiman, un altro miliziano dell’Isis. «Abu Suleiman ha dato 20.000 dollari ad Abu Shoq — continua Azad — Ha detto: “Prendo questo bambino per addestrarlo”. Ma poi si è tagliato la barba e i capelli e ci ha portati in Turchia». Il miliziano aveva una schiava yazida diciottenne che stuprava, spiega il bambino, ma agli occhi suoi era buono. Ha liberato anche la madre e la sorella di Azad, e 17 ragazzini prima di lui.
Operazioni come questa sono organizzate dagli stessi yazidi. Esistono almeno quattro «network di salvataggio»: tre in Siria e uno in Iraq. E in assenza di alcun piano governativo, sono l’unica speranza per chi vuole strappare i propri cari alla schiavitù del Califfato. «Abu Suleiman collaborava con me, ma è stato scoperto e alla fine è scappato», ci racconta Abu Shuja, quarantenne yazido che incontriamo nel suo appartamento a Dohuk. Commerciante e contrabbandiere (macchine agricole, sigarette e pecore), dice di aver usato i suoi contatti per salvare 380 donne e bambini. Lo aiutano spie e infiltrati nel Califfato (spesso sunniti ostili all’Isis), correndo rischi enormi.
C’è chi, come Khaleel AlDakhi, avvocato yazido a Dohuk, dice di rifiutare di pagare: si mette in contatto con gli ostaggi e li aiuta a scappare, con amici locali che li portano oltre confine. A volte sono i prigionieri a trovarlo: è il caso di un bambino di 7 anni che ruba il telefonino e, dal bagno, manda a Khaleel messaggi vocali in curdo. Il suo network ha liberato 120 ostaggi in Iraq, ma con i bambini delle scuole jihadiste è più difficile: senza pagare, Khaleel è riuscito a salvarne tre.
Gli yazidi convertiti a forza, le donne stuprate: le autorità religiose dichiarano che tutti