Dindo: «Il rito di ogni mattina è abbracciare il mio violoncello»
superlativi violini, a Brescia i Rogeri furono artefici di strumenti di più grande formato: viole, violoncelli, contrabbassi».
Raffinato e sfaccettato il programma. «Capolavori come i primi due Concerti per violoncello e orchestra di Haydn, accostati ai “Tre pezzi” per archi di Giuseppe Martucci, uno dei tanti italiani sottovalutati». La divertente «Kindersinfonie» di Leopold Mozart, e gli struggenti «Crisantemi» composti da Puccini in memoria di Amedeo di Savoia duca di Aosta. Brano poi trascritto per orchestra e diventato un famoso intermezzo di «Manon Lescaut».
Per la prima volta di scena all’Auditorium Arvedi («Sono curioso di sperimentarne la famosa acustica») prima del concerto, alle 18, Dindo condurrà il pubblico, cicerone di lusso, al Museo del Violino. «Un onore trovarsi a tu per tu con i grandi capolavori della liuteria. Ma anche un modo per rompere il ghiaccio con chi verrà ad ascoltarci».
Allergico alle mode, si definisce «violoncellista tradizionale». «Sono affezionato al repertorio classico. Adesso sto studiando il concerto per cello di William Walton, poco eseguito ma molto affascinante». Da alcuni anni vive a Lugano. «Mi hanno chiamato per insegnare Da un altro mondo Enrico Dindo e i Solisti di Pavia sono appena rientrati da una tournée in Sud America: hanno suonato in Cile, Argentina e Uruguay Cremona è la capitale mondiale del violino con 156 botteghe artigiane di liutai. Dal 25 al 27 settembre, la città ospita Mondomusica, la più importante fiera del settore. Nell’edizione 2014 sono stati 240 gli espositori (63% stranieri) e più di 15 mila i visitatori (22% dall’estero) al Conservatorio. Mi sono trovato benissimo e mi sono trasferito con la famiglia. Ho bisogno di un ambiente ordinato e affidabile. In Italia c’è troppa confusione, non mi ritrovo più».
Ha visto in tv «L’Elisir d’amore» alla Malpensa? «Sì e mi è piaciuto moltissimo. Un modo giusto per avvicinare alla lirica un pubblico nuovo, per sfatare la leggenda che sia ostica o noiosa. Però...» Però cosa? «Per aprire davvero le orecchie a buoni ascolti bisognerebbe partire da ben altro. Da quella famosa educazione musicale da sempre negletta dalla nostra scuola. Non è possibile che in Italia si possa uscire dai licei e persino dalle università senza sapere chi siano Verdi, Rossini o Puccini».
A lui è andata bene. «La mia era una famiglia di musicisti, papà e mamma cantavano nel coro Rai di Torino, mia sorella suonava la viola. E io a sei anni già ero alle prese con il violoncello. Per me è stato naturale e piacevole. Vorrei lo fosse anche per gli altri. La musica deve essere un diritto da fruire nel modo più semplice e laico possibile. Sogno un luogo dove la gente possa dire: che si fa stasera? Si va al cinema, allo stadio, o a sentire un quartetto di Schubert? Saremmo un Paese migliore. Ma per arrivarci bisogna che la classica sia inserita tra le normali attività didattiche subito, fin dall’asilo. Prima si parte, meglio sarà».