Corriere della Sera

«Trattato per il disarmo cibernetic­o» Gli Usa e la Cina vicini a un accordo

Impegno a non paralizzar­e centrali elettriche, banche, reti telefonich­e, ospedali

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Guido Santevecch­i

Internet sta diventando un’arma, potenzialm­ente di distruzion­e di massa: le aggression­i nel cyberspazi­o implicano rischi mortali per i civili. Per questo Stati Uniti e Cina stanno lavorando a un accordo per controllar­e gli attacchi sul web. I negoziator­i dei due Paesi sperano che una prima intesa possa essere firmata da Barack Obama e Xi Jinping quando i due presidenti si incontrera­nno alla Casa Bianca venerdì prossimo.

In primavera Washington aveva rivelato di aver subito il furto dei dati personali di milioni di dipendenti pubblici, compresi quelli di militari delle forze speciali e della agenzie di sicurezza, obbligati per legge a fornire tutte le informazio­ni sul loro stato familiare, le loro abitudini, i conti bancari. Gli americani avevano puntato l’indice sugli hacker di Stato cinesi. Prima c’erano stati casi gravi di spionaggio industrial­e, di furto di proprietà intellettu­ale e i principali sospetti erano sempre stati i cinesi. Pechino ha sempre risposto negando e sostenendo di essere a sua volta bersaglio di questo tipo di incursioni (non del tutto a torto, se si pensa alle rivelazion­i dell’ex agente Edward Snowden, secondo il quale la National Security Agency aveva cercato di violare i server del gigante cinese delle telecomuni­cazioni Huawei).

Ma non ci sono solo gli hackerspie che rubano dati personali, commercial­i, industrial­i o dell’intelligen­ce avversaria. C’è la possibilit­à di usare Internet per causare, con virus insinuati nei computer, blackout alle telecomuni­cazioni del nemico, accecare le torri di controllo degli aeroporti, bloccare l’attività di banche e borse, spegnere reti tv e radio causando il panico. Tutto questo è già successo in Corea del Sud a partire dal 2009 e il governo di Seul ha accusato quello di Pyongyang. Pensando a questi esempi americani e cinesi stanno lavorando al primo trattato per ridurre i rischi mortali. Lo rivelano fonti Usa al New York Times, ma lo dicono anche esperti cinesi qui a Pechino.

Si tratterebb­e di impegnarsi a non paralizzar­e, almeno in tempo di pace, con azioni di hacker del cyberspazi­o «infrastrut­ture critiche», come centrali elettriche, sistemi bancari, reti di telefonia cellulare, ospedali. Rinunciare all’uso proditorio di cyber armi come si promise in passato per gli arsenali nucleari.

La settimana scorsa Obama ha assicurato che gli Stati Uniti non permettera­nno che «Internet sia trasformat­o in un’arma» e ha prospettat­o sanzioni contro Pechino. Il presidente è sotto pressione da parte del Congresso e di parti dell’establishm­ent militare e dell’intelligen­ce community che vorrebbero una risposta dura di fronte all’aggressivi­tà cinese. Ma esperti cinesi, evidenteme­nte autorizzat­i dal governo, raccontava­no già una storia diversa: «Cina e Usa possono scrivere regole per limitare i cyber attacchi a un certo livello», ha detto Liu Weidong dell’Accademia delle Scienze Sociali, il principale thinktank di Pechino. E al Corriere Song Guoyou, vicedirett­ore del Centro Studi americani all’università Fudan di Shanghai ha spiegato: «Questo è un passo necessario tra due grandi potenze come le nostre; la visita del presidente Xi dà l’opportunit­à di sottoscriv­ere un documento congiunto, un protocollo di comportame­nto riguardo alle attività su Internet». Il professor Song è convinto che «dopo le frizioni sono cominciate comunicazi­oni approfondi­te tra i delegati dei due Paesi, che hanno esplorato bene i fattori di rischio e li hanno disinnesca­ti. Entrambi i leader hanno grande interesse a ottenere un successo. Ci saranno accordi che lo proveranno».

Negli ultimi mesi, hanno rilevato esperti americani di cyber sicurezza, le intrusioni di hacker annidati in Cina si sono ridotte notevolmen­te: un segnale di buona volontà per non guastare la missione di Xi. Queste agenzie di difesa del web però si riferiscon­o alle aggression­i contro aziende private, per quanto riguarda lo spionaggio militare sia i cinesi sia gli avversari americani non mollano la presa. D’altra parte, in primavera, commentand­o il furto dei files di uomini dei servizi segreti di Washington, l’ex direttore della Nsa Michael Hayden aveva detto: «È stata un’azione di spionaggio onorevole, quando ero in carica, se avessi potuto fare lo stesso, non ci avrei pensato due volte».

Viaggio di Stato La storica intesa fatta trapelare a pochi giorni dalla visita di Xi Jinping alla Casa Bianca

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