Ragazze, alzate la voce
Vorrebbero suonare sexy ma sembrano sull’orlo di una crisi respiratoria, c’è un’epidemia vocale tra le ventenni americane. Si chiama «vocal fry», è quell’increspatura calante della voce che chiude le frasi con apparente noncuranza, ingoiando le parole in un rantolo più o meno controllato. L’arrochimento che doveva salvarci dai picchi striduli, l’abbassamento di tono mutuato dalla lirica e dal blues per ottenere modulazioni morbide e piene della voce, ha creato un manierismo finito al centro del dibattito estivo tra States e Regno Unito. E la generazione più autoconsapevole della Storia — attrici, cantanti, giovani donne in corsa — inciampa in un vezzo gutturale che per esperti e femministe esprime remissività, resa, insicurezza. Come se rifugiarsi nel «vocal fry» fosse un modo per I volti
Stefani Joanne Angelina Germanotta, meglio conosciuta con il nome d’arte di Lady Gaga, 29 anni
L’attrice Zooey Deschanel, 35, protagonista della serie tv «New Girl»
L’ex reginetta del pop Britney Spears, 33. Nel 1999 il suo primo album debutto al numero uno delle classifiche americane altro che scandalo delle email, sulla via per la Casa Bianca c’è lo spettro di Paris Hilton.
Il capriccio nella voce può funzionare in brevi parentesi di commedie patinate ma alla lunga, nella vita vera, diventa insopportabile. La rivista americana Time cita uno studio della prestigiosa Duke University secondo il quale il «vocal fry» è percepito come segno di scarsa competenza e affidabilità, di I personaggi
La star dei reality Kim Kardashian, 34 anni
Katy Perry, 30 anni, solo l’anno scorso ha guadagnato 40 milioni di dollari con i suoi dischi fatto un grave ostacolo alla crescita professionale in un mondo ancora dominato dagli uomini che, a giudicare dalla valanga di post e commenti sul tema, non apprezzano molto il graffio.
« Ragazze, alzate la voce » scrive Wolf. Nello studio come nel lavoro il problema delle giovani generazioni resta la difficoltà di prendere la parola e mantenere — sopportare — l’attenzione. Ottenere visibilità e spezzare il silenzio di fronte all’abuso, all’ingiustizia, alla discriminazione in tutte le sue declinazioni. «Lo stile è il contenuto» e la voce diventa strumento politico. Non basta sapere di poter fare grandi cose, occorre sapersi auto-promuovere senza stucchevoli finzioni, liberarsi di quell’esitazione della voce e del pensiero. Prima di diventare la Lady di Ferro, Margaret Thatcher studiò impostazione vocale — ma niente eccessi, per essere padrone del proprio destino non bisogna forgiarsi nell’acciaio, anche la morbidezza è una conquista.
Amplificato dalle sonorità della lingua inglese, il «vocal fry» è piuttosto comune anche da noi, nella forma di un’attitudine strascicata e auto-compiaciuta che non è proprio monopolio femminile.
Su certe sottigliezze però gli uomini sorvolano, impermeabili alle critiche. Forse la strada della vera parità passa anche dal diritto di scegliere la moda sbagliata, per continuare a cercare la propria voce, unica e irripetibile.