Al confine
La Turchia, l’eterna indecisa, ora muove guerra su tutti i fronti. I caccia sono tornati a colpire l’Isis in Siria ma hanno poi esteso la loro azione al nord dell’Iraq, dove hanno bombardato accampamenti e rifugi dei curdi del Pkk. Operazioni destinate a continuare — sostiene il governo — fintanto che non sarà eliminata la doppia minaccia. Massicci anche gli arresti di elementi ritenuti vicini all’estremismo islamista e a quello curdo: oltre 500 in ben 22 province.
Il fronte turco, come prevedibile, si divide in due trasformandosi in una situazione piena di incertezze e dubbi. Compresi quelli sulle reali intenzioni della Turchia: fa sul serio o è un fuoco di paglia?
Il primo scenario della crisi mette di fronte turchi e Stato Islamico. Ankara, in coordinamento stretto con gli Usa, vuole allontanare i jihadisti dal suo confine. Quegli stessi militanti che per mesi sono transitati indisturbati attraverso la frontiera. La polizia li ha lasciati fare, in omaggio alla politica di neutralità (e complicità) di Erdogan. Ora si prova a cambiare, con in mente un piano ambizioso.
La Turchia intende creare un’area «libera dall’Isis», lunga 80 chilometri e profonda 40, tra le località di Mare e Jarablus. Qui si concentreranno raid aerei — anche americani — e forse manovre terrestri. L’obiettivo è trasformarla in «santuario» per i profughi ma anche avamposto affidato a ribelli dell’Esercito siriano libero, ovviamente guerriglieri ritenuti affidabili. La Turchia chiede poi l’imposizione di una no-fly zone per tenere lontana
La Turchia intende creare un’area «libera dall’Isis» lunga 80 chilometri e profonda 40 al confine siriano; e chiede una no-fly zone ma gli Usa sono cauti, anche se i media locali dicono che l’accordo esiste