Corriere della Sera

La Turchia con gli Usa dichiara guerra all’Isis

Primi raid in Siria, in azione anche l’artiglieri­a. Il presidente: «Gli attacchi dureranno 3 o 4 mesi» Svolta anche per l’America, che ottiene l’uso delle basi aeree. Ankara vuole creare una no-fly zone

- di Davide Frattini

LaTurchia ha aperto il fronte turco nella guerra all’Isis. Il governo ha concesso al Pentagono l’utilizzo della base Nato di Incirlik per permettere a droni e caccia americani di arrivare più rapidament­e sugli obiettivi. E, per la prima volta, caccia turchi hanno condotto raid contro le milizie jihadiste nel Nord della Siria. Erdogan: l’azione durerà mesi. La polizia turca ha poi effettuato una vasta operazione «antiterror­ismo»: fermate 297 persone sospettate di essere affiliate all’Isis, al Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e al DHKP-C, movimento di estrema sinistra considerat­o illegale dal governo.

Milleseice­nto chilometri in meno da volare per i jet americani e britannici, pochi da percorrere per i caccia turchi. La coalizione che combatte lo Stato Islamico si avvicina a Raqqa pur restando al di qua del confine. Perché Recep Tayyip Erdogan ha capito che il Califfato punta a destabiliz­zare anche il Paese dove l’ultimo Califfo è stato al potere. Perché i 32 morti di Suruc l’hanno costretto a un cambio di strategia, la rabbia dei turchi dopo l’attentato andava ascoltata.

Così il governo per la prima volta sposta l’attenzione e i mirini delle truppe dalle milizie curde attive tra Turchia, Siria, Iraq e colpisce le basi dell’esercito irregolare dello Stato Islamico.

Raqqa non è lontana dal confine quando quelle strade le percorrono gli estremisti, avanti e indietro con armi più che bagagli. Raqqa non è lontana quando a bombardare sono i caccia di Ankara che possono lanciare i missili senza dover entrare nello spazio aereo siriano. Raqqa non è più lontana per l’aviazione occidental­e, adesso che la Turchia ha concesso i decolli da Incirlik invece che dalle portaerei nel Golfo.

Per Ahmet Davutoglu i bombardame­nti di ieri (tre attacchi, nove miliziani morti) sono solo l’esordio di una campagna che non ha la data di scadenza. Giovedì gli uomini del Califfo avevano attaccato un posto di blocco vicino alla frontiera e ucciso un militare turco. L’operazione andava ordinata, «è il primo passo» ha proclamato Erdogan.

Il governo sembra averne approfitta­to per agire anche contro i movimenti dell’estrema sinistra, i 297 arresti (raid in 13 province) hanno bastonato tutti quelli che Ankara definisce terroristi, non solo i sostenitor­i dello Stato Islamico come il predicator­e Ebu Hanzala considerat­o il leader spirituale dell’organizzaz­ione in Turchia. È già stato fermato più volte in passato e rilasciato per mancanza di prove che potessero incriminar­lo.

Barack Obama, il presidente americano, ha ottenuto l’uso delle basi per l’aviazione con una telefonata al momento giusto.

In cambio avrebbe concesso il via libera al piano che Erdogan richiede dall’inizio della guerra in Siria: creare una fascia di sicurezza al confine dove accogliere i rifugiati, di fatto imporre una no- fly zone, un’area protetta dove le truppe del regime di Bashar Assad e le milizie estremiste non possano intervenir­e o controllar­e il territorio. «Una linea lunga 90 chilometri e profonda 40-50», scrive il quotidiano turco Hurriyet. A Erdogan offrirebbe anche il vantaggio di ridimensio­nare le pretese curde di creare una regione sotto il loro dominio che attraversi Turchia, Siria, Iraq.

Gli Stati Uniti sarebbero disposti a tollerare operazioni dell’esercito di Ankara contro i gruppi curdi in questa zona. Per fermare il passaggio dei combattent­i della jihad verrebbe anche costruita una barriera sulla frontiera.

La pressione dello Stato Islamico sulle nazioni confinati con il caos spinge a rafforzare o ricreare le alleanze. Gli israeliani All’attacco Recep Tayyip Erdogan, 61 anni, presidente della Turchia dal 2014 hanno dato sedici dei loro elicotteri Cobra ormai ritirati dalle operazioni — rivela l’agenzia Reuters — ai giordani. Il regno hashemita deve rispondere non solo all’afflusso dei rifugiati ma anche alle minacce del movimento radicale. Per Israele re Abdullah diventa una difesa di prima linea contro gli estremisti.

Il regime di Assad sembra ancora una volta pericolant­e e non rinuncia a sviluppare qualunque tattica per la sopravvive­nza. I chimici non hanno smesso di produrre armi non convenzion­ali, come il dittatore aveva promesso a Obama quando aveva accettato di consegnare l’arsenale accumulato nelle basi.

In realtà — racconta il quotidiano Wall Street Journal — gli ispettori internazio­nali non sono riusciti a individuar­e tutti i depositi e a fermare le fabbriche che producono i gas letali compreso il sarin.

Le truppe di Assad — accusa la Cia — hanno anche aumentato l’uso di bombe alla clorina contro i ribelli e le hanno usate in villaggi dove sono stati colpiti i civili.

L’attentato I 32 morti dell’attacco di Suruc hanno costretto Erdogan a cambiare strategia Il piano La zona protetta potrebbe essere lunga 90 chilometri e profonda 40-50

@dafrattini

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