Domani a Milano omaggio dei performer al compositore Arvo Pärt secondo i Masbedo
Attorno alla metà del XIII secolo a Francoforte sull’Oder, tra Berlino e la frontiera della Germania con la Polonia, fu costruita la chiesa di Santa Maria che, dal 1370, ebbe una particolarità: i fedeli che alzavano gli occhi verso destra alle spalle dell’altare potevano ammirare dipinta su vetro la storia dell’Anticristo. «Probabilmente non lo sapevano, ma stavano godendo di un privilegio unico», scrive Marco Rizzi nell’avvincente Anticristo. L’inizio della fine del mondo, di imminente pubblicazione per i tipi del Mulino. Perché unico? Vetrate di quel genere certo non mancavano nelle chiese dell’epoca. Anzi, sottolinea Rizzi, rappresentavano uno dei tratti distintivi dello stile gotico che si era diffuso in tutta l’Europa a partire dal XII secolo. Fedeli alle indicazioni di Papa Gregorio Magno, gli architetti e gli artisti avevano sostituito con vetri colorati gli affreschi e i mosaici fino ad allora utilizzati per dar vita ad una «Bibbia dei poveri», vale a dire le immagini che illustravano episodi salienti dell’Antico e del Nuovo Testamento. Immagini che, da sinistra verso destra, raccontavano ai più, che non sapevano leggere e scrivere, la storia dei capitoli della fede: creazione, redenzione, giudizio. Ma dell’Anticristo non si parlava mai. O quasi. E invece nella chiesa di Francoforte ben 35 raffigurazioni furono riservate all’Anticristo, così come era stato raccontato dall’abate Adsone del monastero di Montier-enDer (967) alla regina Gerberga, sorella di Ottone I e moglie di Luigi IV d’Oltremare, nel celeberrimo Libellus de Antichristo.
Si trattava dei «falsi miracoli del figlio della perdizione», che «trasforma le pietre in pane per sfamare i suoi seguaci», fa «scendere il fuoco dal cielo e risorgere i morti», regala «ingenti quantità di oro» (alla «distribuzione fraudolenta della ricchezza» vengono dedicati nella chiesa ben quattro riquadri). Nelle vetrate, l’Anticristo predica due volte. La prima nel tempio, la seconda di fronte a una croce rovesciata. In entrambe le situazioni, nota Rizzi, tra gli ascoltatori che portano sulla fronte il segno della perdizione compare anche un ebreo, riconoscibile dal caratteristico cappello a punta; in un altro riquadro, un gruppo di ebrei attende qualcuno o qualcosa sulle rive di un fiume; un ebreo infine è presente nella scena in cui alcuni fedeli pregano dinanzi al crocefisso, « forse per indicare la conversione del popolo ebraico che deve precedere il ritorno di Cristo». In ogni caso, ove mai ci fossero, «gli accenti polemici non sembrano particolarmente evidenti, dato che gli ebrei non compaiono nelle scene che illustrano le persecuzioni dell’Anticristo contro i cristiani». E questo è un elemento di non scarso rilievo.
UTeologo
Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) era un teologo luterano tedesco ostile al regime del Terzo Reich, ma negò che Adolf Hitler si potesse identificare nella figura dell’Anticristo. Arrestato nel 1943 dalla Gestapo per via delle sue attività cospiratorie antinaziste, Bonhoeffer venne impiccato il 9 aprile 1945 n laboratorio visivo sulla contemporaneità. Nicolò Massazza (1973) e Iacopo Bedogni (1970) alias i Masbedo ( nella foto), artisti e perfomer da sempre impegnati a raccontare il presente, propongono domani (ore 20) al Teatro Dal Verme di Milano, in compagnia dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, un intreccio molto particolare con le armonie di Arvo Pärt, il compositore estone (1935), considerato uno dei padri fondatori del minimalismo (www.ipomeriggi.it). Quello dei Masbedo (tra i loro progetti, una retrospettiva al Mart di Rovereto e l’allestimento del Flauto magico) non sarà però solo un semplice omaggio a Pärt: «La nostra performance partirà da oggetti quotidiani per raccontare in modo assolutamente nuovo, una volta riproposti in video, le strazianti paure dell’uomo di oggi». Al pubblico (in scena con i Masbedo l’orchestra dei Pomeriggi condotta da Carlo Boccadoro e il Coro Costanzo Porta guidato da Antonio Greco) la sfida di vivere «in diretta» tutte queste paure.