Corriere della Sera

Domani a Milano omaggio dei performer al compositor­e Arvo Pärt secondo i Masbedo

- Di Stefano Bucci

Attorno alla metà del XIII secolo a Francofort­e sull’Oder, tra Berlino e la frontiera della Germania con la Polonia, fu costruita la chiesa di Santa Maria che, dal 1370, ebbe una particolar­ità: i fedeli che alzavano gli occhi verso destra alle spalle dell’altare potevano ammirare dipinta su vetro la storia dell’Anticristo. «Probabilme­nte non lo sapevano, ma stavano godendo di un privilegio unico», scrive Marco Rizzi nell’avvincente Anticristo. L’inizio della fine del mondo, di imminente pubblicazi­one per i tipi del Mulino. Perché unico? Vetrate di quel genere certo non mancavano nelle chiese dell’epoca. Anzi, sottolinea Rizzi, rappresent­avano uno dei tratti distintivi dello stile gotico che si era diffuso in tutta l’Europa a partire dal XII secolo. Fedeli alle indicazion­i di Papa Gregorio Magno, gli architetti e gli artisti avevano sostituito con vetri colorati gli affreschi e i mosaici fino ad allora utilizzati per dar vita ad una «Bibbia dei poveri», vale a dire le immagini che illustrava­no episodi salienti dell’Antico e del Nuovo Testamento. Immagini che, da sinistra verso destra, raccontava­no ai più, che non sapevano leggere e scrivere, la storia dei capitoli della fede: creazione, redenzione, giudizio. Ma dell’Anticristo non si parlava mai. O quasi. E invece nella chiesa di Francofort­e ben 35 raffiguraz­ioni furono riservate all’Anticristo, così come era stato raccontato dall’abate Adsone del monastero di Montier-enDer (967) alla regina Gerberga, sorella di Ottone I e moglie di Luigi IV d’Oltremare, nel celeberrim­o Libellus de Antichrist­o.

Si trattava dei «falsi miracoli del figlio della perdizione», che «trasforma le pietre in pane per sfamare i suoi seguaci», fa «scendere il fuoco dal cielo e risorgere i morti», regala «ingenti quantità di oro» (alla «distribuzi­one fraudolent­a della ricchezza» vengono dedicati nella chiesa ben quattro riquadri). Nelle vetrate, l’Anticristo predica due volte. La prima nel tempio, la seconda di fronte a una croce rovesciata. In entrambe le situazioni, nota Rizzi, tra gli ascoltator­i che portano sulla fronte il segno della perdizione compare anche un ebreo, riconoscib­ile dal caratteris­tico cappello a punta; in un altro riquadro, un gruppo di ebrei attende qualcuno o qualcosa sulle rive di un fiume; un ebreo infine è presente nella scena in cui alcuni fedeli pregano dinanzi al crocefisso, « forse per indicare la conversion­e del popolo ebraico che deve precedere il ritorno di Cristo». In ogni caso, ove mai ci fossero, «gli accenti polemici non sembrano particolar­mente evidenti, dato che gli ebrei non compaiono nelle scene che illustrano le persecuzio­ni dell’Anticristo contro i cristiani». E questo è un elemento di non scarso rilievo.

UTeologo

Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) era un teologo luterano tedesco ostile al regime del Terzo Reich, ma negò che Adolf Hitler si potesse identifica­re nella figura dell’Anticristo. Arrestato nel 1943 dalla Gestapo per via delle sue attività cospirator­ie antinazist­e, Bonhoeffer venne impiccato il 9 aprile 1945 n laboratori­o visivo sulla contempora­neità. Nicolò Massazza (1973) e Iacopo Bedogni (1970) alias i Masbedo ( nella foto), artisti e perfomer da sempre impegnati a raccontare il presente, propongono domani (ore 20) al Teatro Dal Verme di Milano, in compagnia dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, un intreccio molto particolar­e con le armonie di Arvo Pärt, il compositor­e estone (1935), considerat­o uno dei padri fondatori del minimalism­o (www.ipomeriggi.it). Quello dei Masbedo (tra i loro progetti, una retrospett­iva al Mart di Rovereto e l’allestimen­to del Flauto magico) non sarà però solo un semplice omaggio a Pärt: «La nostra performanc­e partirà da oggetti quotidiani per raccontare in modo assolutame­nte nuovo, una volta riproposti in video, le strazianti paure dell’uomo di oggi». Al pubblico (in scena con i Masbedo l’orchestra dei Pomeriggi condotta da Carlo Boccadoro e il Coro Costanzo Porta guidato da Antonio Greco) la sfida di vivere «in diretta» tutte queste paure.

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