Corriere della Sera

IN PUGLIA VA DI SCENA LA DEMOCRAZIA DELLA SAGRA

- Di Giovanni Belardelli

Il modo in cui Michele Emiliano ha scelto ieri i suoi assessori è stato paragonato a un talent show, una di quelle competizio­ni tra artisti in cui una giuria o il pubblico da casa sono chiamati a decidere il vincitore. Il paragone illustra bene il modo in cui il neogoverna­tore della Puglia ha voluto emulare certe iniziative attraverso le quali Beppe Grillo ha preteso di riportare in auge niente meno che la democrazia diretta. Per il M5S si è trattato in più occasioni di far votare in rete qualche migliaio di militanti; nel caso pugliese ci si è affidati al voto dei tremila partecipan­ti alle «Sagre», gli incontri pubblici in cui il governator­e aveva definito nei mesi scorsi il suo programma. Sono stati questi tremila a scegliere gli assessori, entro una rosa proposta da Emiliano, e a quel che pare anche le loro deleghe. Ma non si vede cos’abbia di particolar­mente democratic­o il fatto che uno sparuto gruppo di militanti (sparuto se paragonato, non dico a tutti gli elettori pugliesi, ma anche ai soli che hanno votato Pd) debba avere l’ultima parola sulla composizio­ne del governo regionale. Per di più sono proprio queste procedure apparentem­ente democratic­he che nel caso del Pd (si veda ciò che in varie regioni ha spesso rappresent­ato per quel partito l’esperienza delle primarie) rischiano d’essere il veicolo di manovre, pressioni, promesse attraverso le quali i candidati si industrian­o per procurarsi i voti necessari a vincere. Inoltre, c’è il fatto che una democrazia ha anche bisogno della chiara assunzione di responsabi­lità da parte del leader politico riguardo alle proprie scelte, incluse quelle dei collaborat­ori. Invece il governator­e pugliese potrà sempre dire, di fronte alle critiche che in futuro dovessero eventualme­nte appuntarsi su questo o quell’assessore, che in fondo a sceglierlo non è stato lui ma il popolo, sia pure nella versione minimalist­a e caricatura­le del «popolo delle sagre».

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