Corriere della Sera

Un aggettivo, una frase, un’espression­e Ogni parola dove deve stare: ecco lo stile

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Mr Brother), la precisione appare così spontanea da far pensare a un pezzo musicale, a una melodia.

Quando, mesi dopo quella prima lettura, ho iniziato a tradurre il romanzo, su quella melodia, su quella musicalità, o meglio sul tentativo (probabilme­nte vano) di renderla in lingua italiana ho perso ore, giorni, sonno e un po’ di controllo dei nervi. Leggevo a voce alta le righe che avevo tradotto, esasperato perché non le sentivo «suonare» (no, no, neanche lontanamen­te) come «suonava» l’originale. E ricomincia­vo. Non che mi penta di un solo istante passato a tradurre The Hours, e i libri successivi che ho tradotto di Cunningham. Stando vicino alla sua scrittura e condividen­done le ossessioni, prima di tutto quella per la precisione, il mio modo di scrivere — e più in generale di vivere la scrittura — è cambiato.

La mia relazione profession­ale da traduttore con Cunningham è iniziata nel 1998 e non si è mai interrotta, nemmeno quando per mancanza di tempo non ho potuto tradurre alcune sue opere. Siamo diventati amici, e confidenti. Michael ha scoperto il cinema, e la television­e, e adesso scrive per entrambi. Ha letto i miei libri, e li ha commentati. Ha visto i film che ho scritto, non so se rendendosi conto o meno che da qualche parte la sua lezione sulla precisione era sempre presente. È stata una delle prime persone a cui ho rivelato la mia intenzione di fare un film da un racconto, Un bacio, che lui aveva letto in inglese. Quando mi ha incoraggia­to, per me è stato un invito a seguirlo nella sua ossessione per la precisione, e per i tanti modi in cui dobbiamo (o dovremmo) nascondere al lettore la fatica dietro le righe.

Imparando a conoscerlo prima attraverso quello che scriveva (esiste un modo più profondo di conoscere una persona? Forse no), poi nella vita reale, ho scoperto altre passioni e ossessioni che ci legavano: una speciale tolleranza per gli accadiment­i della vita e il modo in cui questi dirigono la tua scrittura, così che a un certo punto puoi solo arrenderti, e lasciare che la tua scrittura segua la vita.

Forse è solo una mia impression­e, ma quando ci incontriam­o, ogni volta che ci salutiamo, abbiamo entrambi la sensazione di conoscerci meglio per quello che dicono di noi i nostri racconti, che non per le cose che facciamo o diciamo nella vita reale. Ho tradotto le sue righe che parlavano di una città, Provinceto­wn, o di uno speciale rapporto fra fratelli, ho tradotto le diverse infelicità dei suoi personaggi, e i momenti di illuminazi­one e gioia, le epifanie improvvise e i semplici gesti quotidiani che si

Lezioni «So che se non avessi conosciuto Michael sarei un narratore diverso»

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