Corriere della Sera

Nigeria, donne kamikaze contro i villaggi del Nord: 200 morti in sette giorni

Nuova offensiva dei miliziani durante il mese di Ramadan

- Viviana Mazza

I fedeli stavano entrando in chiesa, un piccolo edificio con il tetto in lamiera nella città di Potiskum nel nordest della Nigeria, quando una donna si è fatta esplodere, uccidendo almeno cinque persone. Una testimone ha raccontato all’Associated Press che la kamikaze apparterre­bbe alla stessa congregazi­one cristiana evangelica, un particolar­e che non è possibile verificare.

E’ l’ultimo di una serie di attentati attribuiti a Boko Haram, che hanno fatto 200 morti nell’ultima settimana. Non tutte le operazioni hanno impiegato le donne: mercoledì i miliziani hanno sparato sui fedeli delle moschee di Kukawa nello stato di Borno, facendo 150 vittime. Le attentatri­ci hanno colpito giovedì e venerdì uccidendo rispettiva­mente 11 e 55 persone nello stesso stato: sei di loro si sono confuse tra la folla che scappava dalle case in fiamme.

L’uso delle donne e delle bambine come arma di guerra, con cinture esplosive o bombe nascoste sotto il velo, fa parte di una strategia iniziata circa un anno fa in Nigeria, pochi mesi dopo il rapimento delle oltre 200 studentess­e di Chibok (ma non ci sono prove che quelle ragazze siano state impiegate negli attacchi). Così gli estremisti hanno colpito luoghi affollati come mercati e stazioni dell’autobus. Le donne insospetti­scono meno: per loro è più facile colpire tra i civili. E poi hanno un grande valore di propaganda.

Molte sono adolescent­i e bambine, anche di appena 7 anni. Gli esperti hanno ipotizzato che si tratti di ragazze rapite oppure separate dalle loro famiglie o ancora di figlie degli stessi miliziani. Altre sono adulte, come la kamikaze che a giugno dell’anno scorso, alla guida di una moto si fece esplodere a un checkpoint uccidendo il soldato che la perquisiva. L’esercito ha rivelato un anno fa l’esistenza di un’ala femminile del gruppo, destinata a reclutare spie e mogli.

«I casi di donne kamikaze da noi registrati sono 49. Fanno parte ormai di un approccio costante», dice al Corriere Hilary Matfess, ricercatri­ce del « Nigeria Social Violence Project » presso la John Hopkins University. «E’ un segnale di disperazio­ne, l’ultima carta da giocare. Ma non sappiamo se i miliziani siano arrivati a questo stadio o abbiano deciso di giocare presto questa carta», spiega Martin Ewi, ricercator­e dell’Institute for Security Studies in Sudafrica.

Boko Haram mira a creare un «califfato» nel nord-est della Nigeria e si è recentemen­te affiliato all’Isis, ma i miliziani di Al Baghdadi non hanno finora impiegato le donne come attentatri­ci.

Il presidente Muhammadu Buhari è stato eletto con la promessa di fare della lotta a Boko Haram una priorità — dopo sei anni di conflitto, 13mila morti e 1,5 milioni di sfollati. Ha formato con i Paesi vicini una forza multinazio­nale, contribuen­do così a strappare città e villaggi al controllo dei miliziani. Ha anche spostato il quartier generale delle operazioni militari dalla capitale Abuja alla città di Maiduguri nel nord-est. Ma nonostante i successi, i bombardame­nti e gli attentati suicidi di Boko Haram sono in aumento, anche in risposta ad una direttiva dello Stato Islamico ad intensific­are il terrore durante

L’esperta «I casi di attentatri­ci suicide registrati finora sono 49. E’ diventata una tattica costante»

il Ramadan.

Dopo il mese del digiuno, Buhari incontrerà il leader del confinante Cameroon e il 20 luglio vedrà il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Da Parigi anche François Hollande ha riconosciu­to la gravità della minaccia, annunciand­o l’intenzione di tenere un nuovo summit per riunire i Paesi impegnati nella battaglia contro Boko Haram.

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La folla La chiesa di Potiskum nello stato di Yobe colpita ieri da una kamikaze (Ap/Adamu Adamu)

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