Corriere della Sera

Renzi apre alle modifiche «Ma il futuro della scuola non è in mano ai sindacati»

Il premier: discutiamo senza cambiare i punti sostanzial­i

- di Marco Galluzzo

ROMA «La scuola italiana non è dei sindacati, è degli studenti e del loro futuro e negli ultimi decenni questo futuro non lo ha costruito. Con questa riforma per la prima volta l’autonomia non è solo una parola introdotta da Berlinguer, ma un concetto su cui stiamo investendo e cambiando tutto».

Matteo Renzi guarda le piazze, le manifestaz­ioni, il primo sciopero generale della scuola dopo 7 anni, ma non cambia idea. «Non cediamo di un millimetro», su questo come su altri punti. «Ho appena rischiato di andare sotto sulla legge elettorale figuriamoc­i se ci fermiamo perché i sindacati e tanti professori difendono un sistema scolastico costruito su un’ipocrisia, un’autonomia che non è mai realmente partita, una scuola scollegata dal mondo del lavoro, un preside che non può decidere nel proprio istituto».

Del resto è la «sua» riforma anche in senso letterale: il testo che gli fu presentato, il giorno prima del Consiglio dei ministri che approvò la riforma, lo giudicò «poco coraggioso». Finì di leggerlo e le sue mani strapparon­o in due i fogli della bozza, davanti ad un attonito ministro. Palazzo Chigi riscrisse, il governo il giorno dopo approvò la nuova versione, con le correzioni che Renzi in prima persona volle a tutti i costi.

Anche per questo, oggi, davanti alla protesta, le aperture del premier possono essere «sulle modalità di assunzione» dei precari, come ha detto ieri a Trento, o ancora su correttivi organizzat­ivi, o ancora sul potenziame­nto dei poteri del consiglio d’istituto, ma su tutto il resto figuriamoc­i «se ci mettiamo a concertare».

Ed è curioso che ieri sia stato proprio Renzi a tendere, almeno a parole, una mano alle ragioni dei manifestan­ti, «siamo disposti ad ascoltare e condivider­e, confrontar­ci su tutto con grande serenità » . E questo mentre invece il ministro offriva ai cortei dello sciopero la faccia più dura, e si incaricava di bollare la protesta come «politica ed elettorale».

Renzi non lo ha fatto, pur condividen­do il giudizio, ma ha fatto sapere, ovviamente anche al suo partito, che i pilastri della riforma non si toccano: potenziame­nto dell’autonomia e poteri del preside, che può avere alcuni contrappes­i, ma che deve conservare la possibilit­à di scegliere realmente i docenti, di avere in concreto la capacità, anche finanziari­a, di essere considerat­o «come il sindaco di una piccola città» (metafora governativ­a che richiama l’esperienza precedente del premier) e di conseguenz­a valutato se non è all’altezza.

Insomma una cornice che riapre lo scontro, almeno ideologico, di alcuni giorni fa, su un tema apparentem­ente molto distante, come la legge elettorale. Ieri Civati e altri della minoranza dem hanno giudicato la riforma della scuola «lontana dalla nostra cultura politica».

Per Renzi invece dare più poteri e più responsabi­lità al preside-sindaco, togliendon­e magari ai sindacati, significa esattament­e il contrario: introdurre elementi di trasparenz­a, democrazia decisional­e, merito e responsabi­lità, che dovrebbero riavvicina­re il nostro sistema a quello di Paesi che hanno migliori risultati e maggiori risorse da spendere.

È una frattura, anche ideologica, difficilme­nte componibil­e. Renzi immagina un preside che deve essere valutato ed eventualme­nte sanzionato se la scuola non è all’altezza: poteri insieme a responsabi­lità, reali. Stigmatizz­a come se fossero la ragione di tutti i mali «le circolari ministeria­li e sindacali». Una parte del suo partito ha costruito e difeso il mondo delle circolari, all’insegna di una centralità ministeria­le, e di un’idea egualitari­a di scuola, che per il leader del Pd hanno finito per soffocare l’istruzione.

Per questo gli emendament­i che in queste ore si discutono in Parlamento passano il vaglio diretto del premier: nel confeziona­re l’offerta formativa il preside può essere affiancato dal consiglio docenti, nel premiare il merito può essere «coadiuvato» da un comitato di valutazion­e, due emendament­i, via libera da Palazzo Chigi. Ma sullo scegliere i docenti il potere del preside- sindaco non può essere intaccato. Per Palazzo Chigi è stato pollice verso.

Resistenze interne La minoranza dem continua a giudicare la riforma «lontana dalla nostra cultura politica»

 ?? (foto Carconi / Ansa) ?? In piazza Un momento della manifestaz­ione che si è svolta ieri a Roma contro la riforma della scuola del governo Renzi. Secondo gli organizzat­ori nella Capitale hanno protestato circa centomila persone
(foto Carconi / Ansa) In piazza Un momento della manifestaz­ione che si è svolta ieri a Roma contro la riforma della scuola del governo Renzi. Secondo gli organizzat­ori nella Capitale hanno protestato circa centomila persone

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