Quel nostro riflesso condizionato sui rischi di familismo e corruzione se si danno più poteri a un preside
Sono tutti uguali, rubano tutti alla stessa maniera. Il riflesso condizionato scatta a ogni occasione, che sia l’assemblea di condominio o il dibattito sulle riforme di Stato, senza mai concedere il beneficio del dubbio e dell’onestà altrui. Non c’è stato politico, docente, sindacalista contrario alla «Buona scuola» e alla sue novità che nel contestare l’eventuale eccesso di potere dei presidi non abbia sentito il dovere di lanciare severi moniti sulla minaccia incombente del familismo, dei favori agli amici degli amici o alle fidanzate di turno, e naturalmente della corruzione, spettro che in questo Paese viene evocato in qualunque contesto e quasi sempre con ottime ragioni. Il timore di un ruolo troppo importante dato ai dirigenti scolastici, ovvero a singole persone, ha fatto emergere una mancanza di fiducia che ovviamente trascende le loro funzioni. L’uomo solo al comando di licei e istituti tecnici ispira domande legittime alle quali dovrebbe essere data risposta con la creazione di un meccanismo di valutazione delle sue decisioni. Ma applicando gli stessi pregiudizi al principio della collegialità tanto invocata come antidoto all’eventuale strapotere, anche la divisione delle responsabilità tra più persone presenta discrete controindicazioni, come il possibile aumento dei condizionamenti esterni, per non dir di peggio. La verità è che quando la discussione prende questa china non si salva nessuno. A nessuno viene concessa una possibilità. Il nostro prossimo è corrotto, lo sporco si annida ovunque. È la declinazione moderna dell’homo homini lupus, una visione cupa e cattiva della società, che non prevede alternativa al peggio e nega così ogni speranza. Ce l’abbiamo dentro, questo sentimento, distillato attraverso decenni di malaffare ai quali non è stata estranea l’istituzione-scuola, vedi alla voce baroni universitari e concorsi truccati. Dunque avranno anche ragione quelli che a pensare male ci si coglie sempre, ma questo perenne riflesso condizionato non aiuta certo a risolvere i problemi della scuola italiana e della sua ennesima riforma. In compenso, dice molto su quel che siamo diventati.