La ferita dell’Italicum
Sostituire un parlamentare dissidente in Commissione è un problema per il dissidente. Sostituirne una decina su 22, compreso l’ex leader del tuo partito (Bersani), due ex presidenti (Cuperlo e Bindi), dovendo già sostituire il capogruppo dei deputati che si è dimesso (Speranza), perché tutti dissentono dalla legge elettorale che stai per approvare, potrebbe diventare un problema anche per chi li sostituisce. È fuor di dubbio che con la procedura adottata ( far convocare tutti i membri della Commissione affari costituzionali della Camera per chiedere loro, uno a uno, come in confessionale, se avrebbero peccato contro l’Italicum, e mandare via tutti gli sventurati che risposero) Renzi ha deciso di pagare un prezzo politico alto sia per l’unità del suo partito sia per la credibilità della sua stessa leadership in quel partito. E allora c’è da chiedersi perché l’abbia fatto.
Dietro la severità del premier c’è la decisione di tenersi la strada aperta per porre la fiducia sull’Italicum. Essa può essere infatti chiesta sul testo che esce dalla Commissione, e se questa cambiasse qualcosa nella legge, Renzi non potrebbe più blindare il vecchio testo in Aula. Ma se i deputati in Commissione rappresentano il gruppo ed è quindi legittimo, per quanto traumatico, sostituirli, in Aula i parlamentari, Costituzione alla mano, rappresentano la nazione, e sono dunque liberi da qualunque vincolo di mandato e di disciplina di gruppo. Il treno dell’Italicum sta dunque correndo verso questo snodo cruciale del sistema democratico. Forse si può ancora rallentarne la corsa o cambiarne la traiettoria, ma se continua così passerà per una raffica di voti di fiducia, per un Aventino con gazzarra delle opposizioni, per una ferita istituzionale mentre si fanno le riforme istituzionali, e per un’approvazione finale contestata come neanche col Porcellum avvenne. C’è da chiedersi: cui prodest?