Corriere della Sera

Fernando Ciampi, Lorenzo Claris Appiani e Giorgio Erba: i volti e le storie di tre vite diversissi­me fermate dalla follia omicida dell’uomo sotto processo a Milano

- Andrea Pasqualett­o

Roberto Fontana, ora in Procura a Piacenza: «Veniva spesso criticato per il suo carattere spigoloso ma aveva una preparazio­ne esemplare. Teneva convegni, scriveva articoli scientific­i e aveva una caratteris­tica poco comune: era sintetico. Sentenze brevi e dritte al cuore della questione». Mezzo secolo a dirimere controvers­ie societarie, a dirigere procedure fallimenta­ri, liquidazio­ni, concordati, revocatori­e. Prima alle sezioni «commercial­e» e «fallimenti» e poi al Tribunale delle imprese, marchi, brevetti e concorrenz­a sleale. Mentre un figlio diventava commercial­ista e l’altro ingegnere, ora a Boston, Ciampi decideva cause importanti: «Viaggi del Ventaglio» e i call center truffa, Omnia network, Seteco internatio­nal.

Fra i pochi avvocati che potevano bussare alla sua porta, Galeazzo Montella: «Dopo una lite feroce ci siamo rispettati. Devo dire che io avevo una stima infinita per lui perché era un uomo giusto: esigeva profession­alità e se non ce l’avevi te ne andavi. Ma ho visto gente uscire dal suo ufficio con le lacrime». Intransige­nte ma anche autoironic­o. Una curatrice voleva stringergl­i la mano: «Signorina, io la mano non gliela do perché ne ho una sola che funziona e me la tengo cara». Una bomba di guerra l’aveva infatti mutilato da bambino privandolo dell’uso dell’arto. Due le sue manie: il fascicolo di causa ordinato e l’indice dei documenti. «Se mancava eri morto». Un burbero che sapeva essere umile. «Ha sempre girato con i mezzi pubblici». Spesso teneva la porta dell’ufficio aperta. Forse lo sapeva anche il suo carnefice.

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