Fernando Ciampi, Lorenzo Claris Appiani e Giorgio Erba: i volti e le storie di tre vite diversissime fermate dalla follia omicida dell’uomo sotto processo a Milano
Roberto Fontana, ora in Procura a Piacenza: «Veniva spesso criticato per il suo carattere spigoloso ma aveva una preparazione esemplare. Teneva convegni, scriveva articoli scientifici e aveva una caratteristica poco comune: era sintetico. Sentenze brevi e dritte al cuore della questione». Mezzo secolo a dirimere controversie societarie, a dirigere procedure fallimentari, liquidazioni, concordati, revocatorie. Prima alle sezioni «commerciale» e «fallimenti» e poi al Tribunale delle imprese, marchi, brevetti e concorrenza sleale. Mentre un figlio diventava commercialista e l’altro ingegnere, ora a Boston, Ciampi decideva cause importanti: «Viaggi del Ventaglio» e i call center truffa, Omnia network, Seteco international.
Fra i pochi avvocati che potevano bussare alla sua porta, Galeazzo Montella: «Dopo una lite feroce ci siamo rispettati. Devo dire che io avevo una stima infinita per lui perché era un uomo giusto: esigeva professionalità e se non ce l’avevi te ne andavi. Ma ho visto gente uscire dal suo ufficio con le lacrime». Intransigente ma anche autoironico. Una curatrice voleva stringergli la mano: «Signorina, io la mano non gliela do perché ne ho una sola che funziona e me la tengo cara». Una bomba di guerra l’aveva infatti mutilato da bambino privandolo dell’uso dell’arto. Due le sue manie: il fascicolo di causa ordinato e l’indice dei documenti. «Se mancava eri morto». Un burbero che sapeva essere umile. «Ha sempre girato con i mezzi pubblici». Spesso teneva la porta dell’ufficio aperta. Forse lo sapeva anche il suo carnefice.