Barletta, Cascella si dimette: «Fare il sindaco è un corpo a corpo»
«Come volete che stia? Amareggiato». Pasquale Cascella ha appena annunciato al Consiglio comunale di Barletta le sue dimissioni (non irrevocabili): «È stata una giornata complicata — sospira — ma sono tranquillo con la mia coscienza». Dopo sette anni al Quirinale da portavoce di Giorgio Napolitano, nel 2013 Cascella stravince per il centrosinistra la corsa alla poltrona di primo cittadino della sua città, Barletta. Poco più di un anno e mezzo dopo getta la spugna: «Ma, attenzione, io non mi arrendo ai gattopardi». La questione su cui è caduto è urbanistica: «Volevo dare strumenti e regole per questa bellissima città tagliata in due dalla ferrovia, farne un esperimento pilota del nuovo piano paesaggistico della regione Puglia». I «gattopardi», par di capire, non sono dello stesso parere. Ma Cascella, forse perché la partita non è chiusa, non affonda il colpo: «Ogni azione di cambiamento è difficile, io proponevo una svolta radicale, altri preferiscono aggiustamenti; magari c’è stata anche qualche mancanza da parte mia...». L’ex portavoce di Napolitano, ma anche di Massimo D’Alema quando fu premier tra il 1998 e il 2000, non è deluso dall’esperienza e conta probabilmente in una marcia Chi è Pasquale Cascella, 63 anni, direttore dell’ufficio stampa del Colle dal 2006 al 2013, sindaco di Barletta nel 2013 indietro di chi ieri gli ha negato la fiducia: «Non dipende più da me, ma dal Consiglio». Ma una certa nostalgia di come fosse la politica qualche tempo fa (e che Cascella ha visto da vicino) lo prende: «A Barletta come altrove la politica non sembra più avere gli strumenti per ricomporre le varie posizioni, dare un senso alla dialettica, favorire la coesione». In pratica il Consiglio comunale — dove una maggioranza trasversale gli si è messa di traverso — come metafora di un problema più grande: «Si fa sempre più fatica a perseguire l’interesse generale, ma io, quell’idea della politica, la ricerca appunto dell’interesse generale, me la porto addosso». L’anno e mezzo da sindaco è stato tribolato: assessori sostituiti, centrosinistra diviso, polemiche e minacce di abbandono da parte del primo cittadino. Una strada accidentata che forse, tornando a casa dopo tanti anni passati a contatto con i vertici della politica nazionale, non si immaginava. Non che si aspettasse più riguardi — «ma no, ma no, è che qui è un corpo a corpo tutti i giorni». Tutto sommato però, l’ex uomo ombra di D’Alema e Napolitano, non si è ancora stancato di questo ring municipale: «Delle sfide sono state vinte, adesso vediamo che cosa succede...».
La lettera
Una lettera per stabilire i criteri con cui comporre le liste. È questo il senso della lettera inviata da Mariarosaria Rossi, senatore e tesoriera di Fi, ai coordinatori delle Regioni impegnate nelle Regionali
In particolare sono 5 i requisiti indicati. Il primo prevede attenzione ai giovani e alla parità di genere. Il secondo l’esclusione di chi ha all’attivo 3 o più mandati da consigliere regionale
Il terzo criterio richiede che vengano dichiarate condanne e carichi pendenti. Il quarto prevede la regolarità nel pagamento dei contributi al partito. Il quinto l’iscrizione a Forza Italia
Giovanni Toti, 46 anni, consigliere politico di Silvio Berlusconi, è stato eletto deputato europeo di Forza Italia nel maggio 2014
È stato direttore di Studio Aperto (2010-2012) e del Tg4 (dal 2012 al 2013)
Forza Italia si dilania in guerre intestine e Giovanni Toti vorrebbe parlare d’altro, mentre risponde da Berlino per un evento della fondazione Adenauer del Ppe: «Tutti i partiti italiani si concentrano molto sul proprio ombelico mentre i magistrati di Palermo ci dicono quanto sia concreto il rischio di infiltrazioni terroristiche attraverso gli sbarchi sulle nostre coste, mentre il Pil del primo trimestre resta poco confortante, mentre il governo annaspa tra le sue promesse, mentre il parlamento anziché velocizzare i processi di un sistema giudiziario malato raddoppia la prescrizione...».
Difficile parlare d’altro quando nel principale partito d’opposizione Chiarelli attacca lei e la Rossi, Brunetta lo rimuove, Fitto grida all’epurazione...
«Ma quale epurazione, quella di Brunetta è stata una decisione inevitabile rispetto a una grave scorrettezza. Ciascuno di noi può sostenere le proprie tesi ovunque — anche dandomi dell’“epuratore” quale io — come la Rossi — proprio non siamo. Ma se lo fa in Aula mentre rappresenta tutto il partito su
Nel partito «Se qualcuno non riconosce la dirigenza locale, non partecipa, difficile considerarlo in FI»
Si contestano le decisioni di un coordinatore che Berlusconi, col potere che gli attribuisce lo statuto, ha nominato: dunque si esercita un potere di veto rispetto al presidente?».
Fitto e i suoi denunciano minacce, epurazioni, esclusioni dalle liste non solo in Puglia.
«Al momento vedo una serie di martiri autoproclamati tali senza che nessuna persecuzione