Lufthansa e il mito dell’infallibilità perduta Tensione con i sindacati, ma in Borsa tiene
Gli equipaggi rifiutano di imbarcarsi, altri voli Germanwings cancellati. La società: umanamente comprensibile
Per i tedeschi, la tragedia aerea sulle Alpi francesi è anche una questione di orgoglio nazionale. Colpito, ferito. In seconda battuta nei sentimenti immediati, a lunga distanza dal dolore di fronte alle famiglie dei morti. Ma comunque un colpo che va in profondità. Lufthansa, che della compagnia aerea Germanwings è interamente proprietaria e responsabile, è uno dei simboli della Germania post-bellica, una meraviglia, fino a due giorni fa, di tecnologia e di sicurezza, due parole che sono pilastri dell’identità del Paese. Nessuno smetterà di volare, nessuno si lancerà in crociate morali: la reputazione di Lufthansa, però, è scossa. E con essa una certa idea di infallibilità nazionale.
La compagnia aerea, una delle maggiori del mondo, 119 mila dipendenti, non fallirà a causa del disastro del quale per giorni non saranno chiare le ragioni. In Borsa, ieri e l’altro ieri, ha sofferto ma non è crollata: alle 11.30 di lunedì, un attimo prima che si sapesse dell’incidente, un’azione valeva 13,99 euro, ieri sera 13,41. Piuttosto, dovrà seguire passo passo l’inchiesta sulle responsabilità, ricostruire lentamente la sua reputazione e, a seconda di cosa diranno le indagini, forse modificare il modello di business. Il gruppo — che oltre al marchio Lufthansa possiede Swiss, Austrian Airlines, Germanwings e Eurowings e ha partecipazioni in Brussels Airlines e nella turca SunExpress — ha da qualche tempo intrapreso una riorganizzazione industriale contestata dai sindacati e che ora potrebbe dover essere messa in discussione. Di fronte alla concorrenza delle compagnie low cost come EasyJet e delle aerolinee asiatiche, Carsten Spohr, amministratore delegato da un anno, ha dato il via a una ristrutturazione profonda. Tutti i voli interni alla Germania e in Europa che non partono dai due hub della compagnia, a Francoforte e a Monaco, sono operati da Germanwings, non proprio una low cost (come invece lo è Eurowings) ma comunque un vettore con costi per il gruppo più bassi di almeno il 20%. Ciò ha portato a una dura contrattazione sindacale, con scioperi che nel 2014 hanno fatto perdere al gruppo più di 230 milioni di euro. I dipendenti, tutti con una protezione contrattuale sindacale a parte quelli di Eurowings, si oppongono a una ristrutturazione così radicale che mette in discussione anche i privilegi dei più protetti.
Non è affatto detto che il disastro dell’A320 sia il risultato di un taglio dei costi. Spohr dice che «non si risparmia e non si risparmierà sulla sicurezza», che il gruppo farà in modo che qualcosa del genere «non accada mai più» e che al momento «l’incidente è inspiegabile». Inoltre, non ci sono dati a sostegno del fatto che le compagnie low cost abbiano standard di sicurezza inferiori a quelli delle aerolinee tradizionali. In più, Lufthansa ha una storia pressoché impeccabile. La Jacdec di Amburgo, che ogni anno pubblica una classifica sulla sicurezza delle maggiori compagnie, la mette al 12° posto, molto alto (Alitalia, per dire, è al 37°). E Lufthansa Technik è una delle maggiori e meglio reputate società di manutenzione degli aerei del mondo.
La compagnia ha scelto di non prendere provvedimenti contro quegli equipaggi che si sono rifiutati, anche ieri, di imbarcarsi dopo la tragedia aerea (martedì erano stati cancellati 30 voli): «È umanamente comprensibile». Dirigenti e dipendenti sono scossi, in attesa di sapere quali sono, se ci sono, le responsabilità del gruppo. In silenzio, se lo chiede con timore tutta la Germania.
La compagnia L’ad Spohr difende il piano di ristrutturazione: «Sulla sicurezza nessun risparmio»
@danilotaino