«Gli anni al contrario» (Einaudi Stile libero) di Nadia Terranova Quei ragazzi innamorati nel ’78 con la voglia di sfidare il destino
urora e Giovanni avevano deciso che si sarebbe chiamata Mara. Come la ragazza di Bube, aveva detto Aurora. Come Margherita Cagol, aveva aggiunto Giovanni. Margherita, detta Mara, la moglie di Renato Curcio, morta pochi anni prima». Siamo nel cuore degli anni Settanta, a Messina. L’autrice del romanzo Gli anni al contrario (Einaudi Stile libero), Nadia Terranova, è nata nel 1978, come Mara. L’anno del rapimento e dell’uccisione di Moro, e della carneficina della sua scorta a via Fani. L’anno successivo al ’77, quando le falangi dell’Autonomia operaia cacciarono il leader della Cgil Luciano Lama dall’Università di Roma, quando fanno la loro comparsa le P38. Gli anni del terrorismo, in cui lo slancio politico si rattrappisce e le vite dei singoli non sono più trascinate dalle onde di un movimento impetuoso. E Aurora e Giovanni restano soli con il loro destino e le loro tragedie. E Giovanni non ce la fa, va alla deriva e non ce la fa a trasmettere un ordine e un senso alla vita di Mara, intesa come Mara Cagol. Mentre Aurora inizia in solitudine un percorso accidentato e doloroso in cui si accolla tutte le responsabilità per dare un futuro a Mara, quella che ha il nome della ragazza di Bube.
Nadia Terranova racconta quel decennio con precisione di riferimenti, come se lo avesse vissuto con la consapevolezza di chi in quel tempo era poco più di un ragazzo. E invece era una neonata. Deve aver assorbito, assimilato con curiosità e amore, le memorie familiari, i giornali del tempo, le cronache di un’epoca sepolta per restituirci un quadro così privo di anacronismi, come pure sarebbe stato lecito, vista l’età della scrittrice. Racconta il padre «fascistissimo» di Aurora, che per lei non può che essere, anagraficamente, il nonno «fascistissimo» di Mara. O il padre «comunista che odora di sconfitta» di Giovanni. Che forse è l’unica definizione che può essere discussa in questo romanzo, non coniata dall’autrice, ma ripresa dalla percezione che il padre di Mara aveva a quel tempo. Il padre — nonno di Mara — era un comunista del Pci, che in quei tempi tumultuosi era considerato un nemico da chi stava nell’estrema sinistra non lontana dalla lotta armata, cioè da Giovanni. Ma non era tempo di «odore di sconfitta», perché il Pci di Berlinguer e del compromesso storico era all’apice del consenso elettorale e solo con il rapimento e la morte di Moro avrà inizio una sequenza di sconfitte che arriverà fino all’89. Ma l’«odore di sconfitta» rimproverato da Giovanni al padre è in fondo il rimprovero di aver rinunciato alla rivoluzione, di voler controllare e reprimere ogni impazienza insurrezionale, di voler dispiegare ogni mezzo per contrastare la lotta armata. Questa storia di amore e di politica, di speranze e di tragedie è il motore che fa andare, appunto, gli «anni al contrario». A Messina, lontano da Roma, lontano dalle grandi fabbriche del Nord, dalla Bologna presa d’assalto dagli «autonomi» come baluardo e trincea da espugnare del Pci revisionista.
E poi il dramma di Giovanni, il ribelle, squassato e travolto da una storia che vuole azzannare famelicamente per riscattare la rinuncia paterna. E invece la coriacea solidità, messa alla prova da sfide esistenziali terribili, di Aurora, che da ragazza volta le spalle al padre «fascistissimo» chiudendosi in bagno Nadia Terranova ( è nata a Messina nel 1978. per studiare e strappare ogni volta il massimo dei voti a scuola e all’università. E che incontra Giovanni senza riuscire a governarlo, a tenerlo lontano dalle tentazioni autodistruttive che quell’epoca forniva in abbondanza a chi non aveva gli anticorpi per resistere al disastro.
Che tutto questo sia stato messo in pagina da una scrittrice che ha vissuto nella sua esistenza un’atmosfera culturale completamente diversa dimostra però che la trasmissione di conoscenze, di esperienze tra le generazioni non si è totalmente spezzata, come invece affermano le diagnosi più pessimistiche. Che si è ancora capaci di strapparsi dal presente per tener conto di una memoria ancora viva. Che Mara non è stata condannata al destino che il suo nome voluto dal padre avrebbe potuto esigere. Che si possono rivivere quegli anni senza tradirne ciò che li fece grandi e terribili. Soprattutto terribili.
Due giovani molto diversi tra loro, coinvolti in un’epoca di ideali e sconfitte