Dal guasto del giorno prima all’impatto L’ipotesi che abbia ceduto uno dei portelloni
Il mistero del volo 4U9525 comincia a 11.500 metri di quota, l’altezza alla quale stava viaggiando prima di cominciare la sua discesa senza un perché, e finisce a 2.000 metri: quando l’Airbus A320 finisce sul massiccio dei Trois-Evêchés, nel Sud della Francia. Otto minuti in tutto durante i quali però dalla cabina di pilotaggio non viene lanciato alcun allarme. È infatti il responsabile della Direzione generale dell’aviazione civile francese a dichiarare l’allerta e a comunicare l’inaspettato cambio di rotta insieme alla perdita di quota. Otto minuti, insomma, durante i quali il volo della Germanwings perde 3.300 piedi di quota al minuto, circa 900 metri, senza inviare alcun «mayday». Un dato, quest’ultimo, definito «altamente anomalo» da tutti gli addetti ai lavori. E insieme preoccupante proprio perché l’incidente è successo a un velivolo considerato tra i più sicuri, nel momento più tranquillo durante il volo, quello della crociera. Ma anche perché la tragedia non è avvenuta di notte o in situazioni di maltempo, nemmeno in un Paese lontano o a un aereo di una compagnia in «lista nera». Anzi.
La discesa senza «mayday»
I piloti sono addestrati ad effettuare una discesa di emergenza o ad affrontare un perdita di quota improvvisa, come cinque mesi fa era successo proprio a un aereo Lufthansa a causa di un’anomalia ad alcuni sensori danneggiati dal ghiaccio. La manovra, provata almeno due volte l’anno, prevede un passaggio fondamentale: ogni cambio di rotta deve essere immediatamente comunicato ai controllori di volo. Spiega Fabio Nicolai, direttore centrale attività aeronautiche dell’Ente dell’aviazione civile italiana (Enac): «Gli aerei viaggiano “impacchettati” nei cieli seguendo rotte separate le une dalle altre di circa 300 metri. Anche la più piccola variazione al piano di volo deve essere subito comunicata per evitare collisioni». Se dalla cabina del volo 4U9525 nessuna allerta è arrivata, qualcosa o qualcuno di sicuro ha impedito ai piloti di comunicare: un guasto o, forse, un dirottatore.
L’ipotesi della depressurizzazione
Sono poche le cause che spingono un pilota ad abbandonare la quota di crociera. Tra queste, al primo posto, c’è la depressurizzazione della cabina. Spiega Giovanni Galiotto, presidente dell’associazione dei piloti Anpac: «L’area è pompata dentro la cabina in modo da mantenere sempre una pressione simile a quella che si ha a 1500 metri di quota». Due le cause che possono creare un problema di pressurizzazione: «La rottura dell’impianto, cosa che porta a una discesa controllata dell’aereo, o la rottura di una parte dell’aereo, problema che causa una decompressione rapida». Nel primo caso il pensiero corre subito al volo della Helios Airways precipitato nel 2005 vicino ad Atene per un problema alla valvola dell’impianto di pressurizzazione: gli allarmi furono male interpretati, piloti e passeggeri persero i sensi e l’aereo si schiantò dopo aver terminato il carburante. Nel secondo caso, invece, il precedente più noto risale al 1988, quando per un cedimento un aereo della Aloha Airlines fu letteralmente scoperchiato ma riuscì ad atterrare: due le vittime. Tra i due estremi si pone una vasta gamma di incidenti, dove l’evento scatenante va dal cedimento di una parte della carlinga — un finestrino o un portellone — alla micro-esplosione a bordo. In tutti i casi i passaggi sono gli stessi: «Comandante e copilota si mettono la maschera di ossigeno, quelle per i passeggeri cadono dai vani posti sotto le cappelliere, dalla cabina parte l’allarme». Sempre. Se la discesa è d’emergenza l’aereo perde quota a una velocità di 1200-1500 metri al minuto; se è controllata a un ritmo di circa 900 metri, fino a raggiungere la quota dove si può respirare anche senza maschera.
Il volo della Germanwings quella quota l’ha raggiunta al momento dell’impatto. Perché è sceso così tanto in un territorio montuoso? Perché non è stato armato il pilota automatico per terminare la corsa a una distanza minima dagli ostacoli? Perché non ha virato di 90 gradi puntando su Marsiglia o sul mare? L’altro giorno l’aereo era stato fermo per diverse ore a Dusseldorf per un problema tecnico al portellone anteriore del carrello. Completamente superato, secondo Lufthansa. Secondario rispetto ad eventuali problemi di pressurizzazione, dicono i tecnici. Quella del volo della Germanwings è la prima tragedia che interessa una low cost in Europa. «Così catastrofica, con vettore europeo e perdita di vite, è la prima», afferma Bruno Franchi, presidente dell’Agenzia per la sicurezza del volo (Ansv). Così che l’incidente riapre il dibattito sui tagli imposti dalla crisi e sui livelli di sicurezza delle low cost. Nicolai entra nel dibattito sui tagli a gamba tesa: «Né la riduzione della velocità di crociera né l’uso di rotte più alte per risparmiare carburante può aver influito sull’incidente». Quanto alle compagnie a basso costo cita un numero: «I dati Iata parlano di un 1,42% di incidenti (con perdita di velivolo) ogni tre milioni di partenze. Germanwings, poi, è una low cost della galassia Lufthansa, considerata tra le più sicure al mondo».
Sono circa seimila gli Airbus 320 che viaggiano nei cieli. Quello rimasto coinvolto nell’incidente era stato immatricolato nel 1991. Quindi vecchio? «Non particolarmente, anche perché era un aereo sottoposto a costanti controlli preventivi. Di linea e di base. Giornalieri e cadenzati», continua Nicolai. Controlli effettuati dalla stessa Lufthansa Technik, che si occupa della manutenzione anche di altre compagnie. L’ultima revisione completa risaliva all’estate 2013.