Corriere della Sera

QUANDO LA LEALTÀ DINASTICA CONTAVA PIÙ DEL PATRIOTTIS­MO

- Antonio Fadda antonio.fadda@virgilio.it

Ho letto la biografia di Eugenio di Savoia scritta da Nicholas Henderson. Giustament­e il sottotitol­o parla di un generale fra Italia, Francia e Austria, un grande «mercenario» europeo. Possiamo considerar­lo un precursore? Se l’Austria e la Francia se ne fanno un vanto, non le pare che l’Italia lo abbia un po’ dimenticat­o?

Nel 1933 l’Istituto poligrafic­o dello Stato cominciò la pubblicazi­one di una grande collana intitolata «L’opera del genio Italiano all’estero». I primi due volumi, ricchi d’illustrazi­oni e stampati su carta pregiata, erano dedicati a «banchieri, mercanti, colonizzat­ori». Seguirono altri volumi sugli architetti e ve ne sarebbero stati altri ancora, probabilme­nte, dedicati a guerrieri e uomini di Stato, se la guerra non avesse interrotto la realizzazi­one del piano editoriale. L’obiettivo, dichiarata­mente nazionalis­ta, era quello di creare un grande Pantheon virtuale composto da tutti coloro che avevano rappresent­ato l’Italia nel mondo prima della nascita dello Stato nazionale.

A questo Pantheon, nello spirito dei curatori della collana, appartenev­a anche Eugenio di Savoia, figlio di Eugenio Maurizio di Savoia Carignano, conte di Soissons, e di Olimpia Mancini, forse la più bella e intraprend­ente (era stata amante di Luigi XIV) delle nipoti che il cardinale Mazzarino aveva chiamato a Parigi. In un volume dedicato ai grandi condottier­i, Eugenio sarebbe stato affiancato da Agostino Spinola, capitano generale di Carlo V, Alessandro Farnese, conquistat­ore delle Fiandre, Andrea Massena, eroe della battaglia di Rivoli, e forse addirittur­a il generale Buonaparte, nato in Corsica da genitori «genovesi» nel 1769.

Queste «annessioni», caro Fadda, erano anacronist­iche. Per i personaggi cosmopolit­i che si spostavano da una corte dell’altra la parola «patriottis­mo» sarebbe stata fuori luogo. Nella maggior parte dei casi erano uomini d’ingegno e di talento che cercavano impiego nella corte di un sovrano accoglient­e e lo ripagavano con la loro lealtà. Eugenio di Savoia passò gli anni dell’infanzia e della prima adolescenz­a alla corte di Luigi XIV. Se gli scandali della madre non gli avessero precluso la prospettiv­a di una carriera militare francese, sarebbe stato un intelligen­te e devoto servitore del re di Francia. Quando trovò accoglienz­a a Vienna presso gli Asburgo, divenne il loro migliore generale. La sua vita ci ricorda che la lealtà dinastica, almeno sino al XIX secolo, fu molto più importante del sentimento nazionale.

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