L’Isis e la lista nera dei 100 soldati Usa Timori e propaganda
dall’annuncio di Costa Crociere e Msc Crociere di cancellare Tunisi dalle rotte delle navi vacanza. «Ho incontrato il presidente Pierfrancesco Vago di Msc Crociere e non mi ha detto nulla di simile. Sarebbe una cosa grave se accadesse davvero: significherebbe che hanno vinto i terroristi».
Lo Stato tunisino sta facendo il possibile per convincere il mondo di essere in grado di sconfiggere l’offensiva jihadista. Essebsi ha riconosciuto che ci «sono state lacune» nella protezione del museo, ma aggiungendo che l’intervento delle forze speciali ha evitato una strage ancora più terribile e che il «terrorista in fuga non andrà lontano». Gli investigatori fanno filtrare le notizie di arresti in diverse aree del Paese: due giovani fermati vicino a Biserta (nel Nord); un altro a Sfax nel centro del Paese.
Ma sarà un’operazione lunga e difficile. Come si capisce dai numeri forniti dallo stesso capo dello Stato, Essebsi: «Quattromila tunisini si sono arruolati nella jihad in Siria, Libia e altrove. Circa 400 sono tornati qui e rappresentano una sfida. Senza parlare degli altri 5 o 6 mila a cui abbiamo impedito di partire».
Minacce vere o fasulle. Rivendicazioni incerte. Video a volontà e un volume impressionante di messaggi sul web. L’Isis — attraverso la rete dei suoi simpatizzanti — conduce una campagna mediatica incessante. Sabato è apparso su Internet un elenco con i nomi e volti di 100 militari americani «coinvolti in operazioni in Siria, Iraq e Yemen». Una sorta di lista nera con bersagli da colpire, soldati da assassinare indicati a lupi solitari e cellule estremiste.
Inizialmente sembrava che i jihadisti avessero ottenuto le informazioni con un’incursione dei loro pirati informatici. Poi, si è accertato che le identità sono state recuperate da fonti aperte, ossia articoli, pubblicazioni, siti. Nulla di segreto. Inoltre alcune dei possibili target non hanno nulla a che vedere con l’offensiva lanciata dagli Usa a partire da agosto contro le forze del Califfato.
Le autorità americane non hanno segnalato particolare allarme per la trovata jihadista ma al tempo stesso hanno allertato le loro «antenne» nel caso che a qualcuno venga in mente di dare seguito all’appello dei presunti militanti Isis. Lo schema operativo è abbastanza evidente: lo Stato Islamico indica preventivamente delle persone o dei luoghi simbolici, quindi aspetta che qualcuno lo attacchi e a quel punto assume la responsabilità del gesto anche se non c’è un vero rapporto operativo.
Già in passato l’Isis ha annunciato di essersi intrufolato negli archivi protetti del Comando centrale Usa a Tampa dove avrebbe rubato documenti riservati poi diffusi sui social network. In realtà il materiale non era riservato, ma facilmente reperibile, ma la mossa è stata sufficiente per destare attenzione.
Il problema che si pone per le gerarchie militari è duplice. Da un lato c’è la necessità di informare, quindi di divulgare a volte dettagli su soldati o ufficiali. Ma dall’altra cresce l’esigenza di non compromettere la sicurezza del personale impegnato.
Lacune Il presidente Essebsi ha riconosciuto che ci sono state lacune nella protezione del museo