Corriere della Sera

Grubinger, il maratoneta dei tamburi Il divo percussion­ista alla Scala: «I miei concerti tra musica classica e notti in discoteca»

- Giuseppina Manin

La chiave del paradiso Martin Grubinger se la tiene stretta in tasca. «È quella del basement sotto la mia casa in Austria, dove ogni giorno mi scateno con timpani e tamburi, xilofoni e marimbe, tam-tam e cembali sospesi… Il mio paradiso privato delle percussion­i». L’importante è ricordarsi di chiudere bene la porta. Avere come vicino il mago delle percussion­i non è per tutti.

Ascoltare Grubinger è garantirsi un’overdose di adrenalina e divertimen­to. Perché questo ragazzo di Salisburgo è un acrobata dei drums. Che può suonare per ore, anche otto di fila. Con le mani sempre più veloci ad agitare spazzole e bacchette, con il cuore che corre a 195 battiti al minuto… Conteso dalle principali orchestre del mondo, ieri sera e stasera ospite a Roma di Santa Cecilia, direttore Peter Eotvos. Concerto che domani arriverà alla Scala. In programma Melodien di Ligeti, Three Places in New England di Ives, Un americano a Parigi di Gershwin. E, novità per l’Italia, Speaking Drums, scritto da Eotvos per lui. Percussion­i Passione Martin Grubinger con le percussion­i spazia tra i generi e gli stili: riesce a suonare anche per otto ore di fila parlanti che Martin mescolerà in un crescendo di tensione sonora. «Una conversazi­one tra voce e strumenti. È la prima volta che mi capita una simile commistion­e».

Che tamburi e affini sarebbero stati la sua vita, Martin l’ha capito subito. «A tre anni avevo già deciso». Studia al Mozarteum di Salisburgo, si cimenta in exploit al limite del collasso: sei concerti di fila in una sera. «Le mie mani erano così roventi che durante gli intervalli dovevo immergerle nell’acqua gelida». Per reggere si allena come un atleta. «Corsa, palestra e calcio. Due ore al giorno di sport, le altre dieci sui drums » . Strumenti che hanno un repertorio limitato nella «classica», sconfinato nel ‘900, etnica, rock, pop… Grubinger non si pone limiti. «Adoro Bach e Mahler e Riccardo Chailly è il mio direttore preferito. Ma vado pazzo anche per gli U2, i Genesis e il jazz. Gli ascolti diversi aprono la testa, aiutano a superare pregiudizi culturali e sociali». Così suona i classici con il Gewandhaus, il Conzertgeb­ouw e i Wiener, tutto il resto dove gli pare. Anche in discoteca. «Perché no? Il bello delle percussion­i è che posso esprimermi in modi diversi con pubblici diversi».

A ottobre tornerà alla Scala per un concerto con il suo gruppo, The New Percussive Planet Ensemble, e Thomas Hampson. Due mondi diversi, quello del baritono americano e del percussion­ista austriaco, uniti da una creatività fuori dagli schemi, dall’amore per la musica americana del XX secolo. «È bello farsi sorprender­e da quel che non si conosce». E confessa un sogno: «Mi piacerebbe tornare all’università per studiare storia. Voglio conoscere il passato per capire il presente e il futuro».

Chissà. Le giornate hanno solo 24 ore, metà delle quali già prenotate dai drums. «Non potrei mai rinunciarc­i. Mi danno gioia ed energia. Sono lo strumento primario. Arcaico e modernissi­mo. La prima cosa che un bimbo ascolta è il battito del cuore di sua madre. Il ritmo è ovunque, la vita è ritmo».

Adoro Bach e Mahler ma vado pazzo anche per gli U2 e i Genesis Gli ascolti diversi aprono la testa

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy