Fondi comuni, un antidoto ai tassi zero
Lombardo (Assogestioni). «Investire anche fuori da Piazza Affari, dall’euro e dai Btp» Il calo dei rendimenti sui titoli di Stato spinge la raccolta al record di 129 miliardi
I risparmi degli italiani? Vivranno una stagione ancora molto lunga di tassi bassi ed euro debole. «Una sfida ma soprattutto una grande opportunità per l’industria dei fondi che continuerà a impegnarsi per fornire rendimenti adeguati». Giordano Lombardo, presidente di Assogestioni, la Confindustria del risparmio gestito italiano, ragiona sullo scenario finanziario aperto dall’annuncio del sostegno ai mercati fatto giovedì scorso dalla Banca centrale europea e sfoglia i risultati dei fondi. Numeri non usuali: con 129 miliardi di raccolta netta e un patrimonio complessivo che sfiora i 1.600 miliardi il sistema (fatto di fondi anche quelli delle azioni, tendono a scendere. Il risparmio gestito ha avuto successo, in particolare in Italia, più in generale un po’ su tutti i mercati europei, perché consente si sfruttare appieno un set di opportunità che si sono ridotte rispetto al passato». Con i fondi è possibile diversificare su bond che non siano titoli di Stato, investire in mercati azionari costosi e lontani, andare su valute diverse dall’euro. «Finché la manovra della Bce non avrà effetto, e gli Stati Uniti ci insegnano che i tempi potrebbero essere lunghi, i Btp e il mattone, molto familiari per i risparmiatori italiani, rischiano di rimanere meno interessanti di prima», prosegue Lombardo.
Il risparmio gestito è una terza via, battuta con grande interesse dalle reti distribuzione e imboccata da parecchi clienti, a giudicare dai numeri record della raccolta. Le persone cercano protezione del capitale e, nel limite del possibile, rendimenti dignitosi: «Non a caso i più venduti sono stati i fondi flessibili e i prodotti multi asset, quelle formule che offrono diversificazione e controllo del rischio» dice Lombardo.
In campo finanziario la consapevolezza di chi compra è spesso un punto di domanda, perché questa volta dovrebbe essere diverso? «Oggi il cliente finale è tutelato da leggi europee molto esigenti che in Italia sono state applicate in modo capillare. Le reti, che siano bancarie o di promotori, non possono vendere nulla se prima non hanno stabilito il profilo di rischio del cliente. Dall’altra parte le persone sono più informate e più consapevoli: sanno che possono utilizzare consulenti, il cui ruolo rimane imprescindibile, ma anche informarsi da sole e utilizzare canali
La raccolta del sistema fondi distributivi innovativi, come Internet. Oggi è ancora fantafinanza, ma quando i nativi digitali diventeranno adulti e avranno soldi da investire è possibile che i concorrenti delle Reti siano davvero Google, Facebook o chissà chi. A patto che si siano nel frattempo costruiti una solida reputazione nel campo delicato degli investimenti», spiega Lombardo.
Anche per le banche è interessante vendere fondi, cioè prodotti dotati di commissioni, se i tassi sono bassi. In altre epoche hanno spinto le loro obbligazioni: siamo sicuri che quella dei fondi non sia solo una moda? «Penso che ci sia stato un cambiamento strutturale, legato allo scenario economico. Investire nel lungo periodo, anche per fini previdenziali, è diventata un’esigenza per tutti gli europei, in particolare per quei Paesi, come l’Italia, dove il welfare pensionistico non è più sostenibile con i criteri di prima» commenta Lombardo. E proprio sul fronte della previdenza la composizione del risparmio delle famiglie italiane mostra quote molto inferiori rispetto a quelle di altri sistemi europei: siamo al 17%, contro il 34-35% di Francia e Germania. «Il risparmio gestito può crescere ancora offrendo un buon servizio alle famiglie desiderose di investire guardando al futuro. E, magari oggi in parte ma sempre di più in futuro, e purché vi siano possibilità e convenienza, l’industria può fare da cinghia di trasmissione tra i capitali privati e la ripresa economica. Mi riferisco ai minibond o ad altri asset che richiedono impegni di lunghissimo periodo strettamente connessi al tessuto produttivo» conclude Lombardo.