Corriere della Sera

Trascinati in un negoziato umiliante La sua sorte era segnata dall’inizio

Il Califfo voleva mostrare che gli alleati Usa scendono a patti

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chiudere una storia drammatica. Si è ipotizzato che una componente di mujaheddin, forse del Golfo Persico, premesse per una fine cruenta mentre la leadership del movimento voleva trovare soluzioni diverse. Forse erano solo speculazio­ni, alimentate dalla mancanza di notizie sicure e magari dalla controinfo­rmazione dei criminali.

Questo nuovo racconto dell’orrore ha avuto tre capitoli distinti. Nel primo i militanti hanno colpito con durezza per far capire quali erano le regole e hanno ucciso il primo ostaggio nipponico. Quindi hanno scritto il secondo, meno lineare, però non meno funzionale ai loro progetti. Ecco la serie di diktat. Per trascinare prima il Giappone e poi la Giordania in una trattativa comunque umiliante. La scelta di farlo in «pubblico» era proprio legata alla manipolazi­one: dimostrare che due alleati degli Usa erano pronti a venire a patti.

Per aumentare la pressione, il Califfo ha introdotto il fattore giordano chiedendo il rilascio della mancata attentatri­ce Sajida al-Rishawi. In questo modo hanno mostrato di essere accanto a una «sorella prigionier­a», una detenuta importante. Lei viene da un villaggio vicino Falluja, nell’Anbar, provincia che oggi è uno dei feudi di Al Baghdadi. Inoltre due fratelli sono stati al fianco di Al Zarkawi. Mossa di grande impatto unita alla minaccia di eliminare

Dopo l’ultimatum

A sinistra un frame del video della decapitazi­one da parte dell’Isis dell’ostaggio giapponese Kenji Goto. Il filmato è stato diffuso ieri online su Site. Sopra una corteo, venerdì a Tokyo, per chiedere il suo rilascio

La strategia L’Isis ha puntato sull’ambiguità. Il pilota giordano potrebbe essere già morto

il pilota dell’aviazione giordana. E la manovra ha scosso Amman, incerta sulle condizioni del militare prigionier­o. Forse — come sospettano molti — è già morto e da settimane. Servivano delle prove che fosse in vita, invece l’Isis ha puntato sull’ambiguità, senza mai dare elementi certi. Atteggiame­nto strano se vuoi negoziare. Comportame­nto comprensib­ile se hai in mente di tenere in scacco un avversario come re Abdallah, figura fondamenta­le nella lotta all’estremismo, innescando contrasti tra i clan tribali.

Infine il terzo capitolo. Il sacrificio di Kenji. L’Isis l’ha fatto coincidere con un grande attacco su Kirkuk, una reazione robusta alla sconfitta sofferta a Kobane. Un modo per scrivere con il sangue che il movimento ha sempre l’iniziativa.

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