Sparita da Avellino, il corpo trovato vicino a un fiume Giallo sulla morte di Giuditta. Non ci sarebbero segni di violenza, ipotesi suicidio. I parenti: è falso
Lui autoritario, calcolatore, egocentrico, moralmente intransigente come il padre padrone di Gavino Ledda. Lei chiusa, riservata, fragile e infedele come una Madame Bovary. È in questa cornice, dicono gli inquirenti, che avrebbe preso forma il movente del delitto. «Nell’odio maturato verso una donna alla quale pensava di aver offerto una famiglia, una casa, la dignità del proprio lavoro e dalla quale era stato ripagato, secondo la sua visione, con vergogna e mortificazione» scrive il giudice Giacomo Marson sintetizzando un anno di lavoro degli inquirenti di Asti che attribuiscono grande importanza ai profili comportamentali dei due coniugi: la trentasettenne casalinga Elena Ceste e il quarantaquattrenne vigile del fuoco Michele Buoninconti. Vittima e carnefice, despota e prigioniera.
Lo definiscono spietato nella premeditazione dell’omicidio e nell’occultamento del cadavere della moglie. Al punto di dimenticarsi del destino dei loro quattro figli minori di 6, 9, 11 e 14 anni, «incurante delle conseguenze emotive, secondo uno schema di subdola prepotenza». I quali figli si ritrovano di colpo orfani di entrambi i genitori, affidati temporaneamente ai nonni materni, vittime anche loro dell’ennesimo delitto in famiglia.
C’è un’intercettazione ambientale considerata significativa. Era il 5 maggio dello scorso anno, quattro mesi dopo la scomparsa di Elena, quando non si parlava ancora di omicidio. Sono tutti in casa. Parla lui: «Loro vogliono sentire solo questo… Che tra di voi non andate d’accordo! (cioè, gli investigatori vorrebbero sentirsi dire che fra lui e la moglie c’erano dei problemi, ndr). Così uno va da una parte, uno da un’altra, un’altra ancora da un’altra parte…. Vi va bene vivere così? Separati? Mamma è chissà dove! E a me mi mettono ancora da un’altra parte… Perciò cercate di essere bravi tra di voi».
E cercando di capire se erano bravi passa al test: «Mi avete mai visto litigare con mamma?». Risposta candida della Il verbale Sotto, la pagina con l’intercettazione in cui Michele Buoninconti «manipola» i figli dicendo che se non si comportano bene finiranno per essere separati
Solo due sere fa, durante la trasmissione Chi l’ha visto? una cugina di Giuditta Perna aveva letto in diretta una lettera indirizzata alla studentessa avellinese di 26 anni di cui non si avevano più notizie dal 21 gennaio. Sperava che Giuditta potesse sentirla, ma in realtà erano parole nel vuoto perché mercoledì sera la ragazza era già morta.
Hanno ritrovato il corpo ieri mattina sul greto del fiume Ofanto, in un tratto tra i paesi irpini di Monteverde e Aquilonia. Alcuni carabinieri impegnati nelle ricerche hanno notato da lontano qualcosa di rosso e immediatamente hanno temuto il peggio, visto che dalla descrizione fatta dai familiari al momento della denuncia, Giuditta risultava indossare, nel giorno della scomparsa proprio un giubbotto rosso. I militari si sono avvicinati e hanno avuto la conferma di ciò che immaginavano: in poco più di trenta centimetri di acqua, ricoperto da foglie e arbusti c’era il corpo della ragazza.
Difficile, per adesso, dire in che modo la ventiseienne sia morta. Il primo esame clinico non avrebbe rilevato segni di violenza e in attesa dell’autopsia che dovrebbe essere eseguita già stamattina, gli investigatori propendono per l’ipotesi del suicidio.
Giuditta Perna abitava a Ruvo di Conte, un paesino della Basilicata proprio al confine con la provincia di Avellino, ma passava anche periodi a Perugia, dove studiava Economia e commercio all’università, e dove già aveva conseguito la laurea triennale.
Nel pomeriggio del 21 gennaio era uscita da casa con la Punto grigia dei genitori per andare dal medico di famiglia che ha lo studio a Calitri, un paese distante una ventina di chilometri che lei conosce benissimo perché ci andava ogni giorno quando frequentava la scuola.
Però dal medico non è mai arrivata e probabilmente nemmeno a Calitri. Il 21 sera, infatti, nei pressi di Monteverde, dal lato opposto rispetto a Calitri, un imprenditore ha notato una Punto parcheggiata nei pressi della sua azienda e per precauzione l’ha fotografata: era l’auto di Giuditta. Parcheggiata sul ciglio di una strada che di sera è completamente buia, distante un chilometro e mezzo da dove poi è stato trovato il corpo. La Punto era aperta e su un sediolino c’era la borsa della ragazza e dentro anche i documenti. Mancava il telefonino, che non è stato trovato nemmeno ieri addosso al cadavere e che i sommozzatori stanno cercando nel fiume.
I familiari di Giuditta Perna non credono assolutamente all’ipotesi del suicidio. Escludono che fosse depressa, escludono che le fosse accaduto di recente qualcosa che possa averla turbata al punto da fare una scelta così estrema e chiedono che si indaghi perché sono sicuri che la morte della ragazza abbia un responsabile. E che non abbia deciso lei di prendere una strada completamente diversa da quella per Calitri e di raggiungere quella zona dove poi è morta.