Corriere della Sera

Le lacrime di Bindi e i compliment­i di Letta

Soddisfatt­o anche Bersani, per una volta minoranza e renziani uniti. Ma restano ruggini tra gli ex ds

- Monica Guerzoni

Rosy Bindi piange felice e, mentre i renziani con i cellulari immortalan­o le lacrime, fa pace con il premier: «Se questo è il nuovo metodo si può fare della strada assieme...». Bersani è contento, perché ha ricucito con lo stesso filo di sutura i rapporti con Renzi e la ferita dei franchi tiratori: «Ci ho lavorato, Mattarella è una bella figura e spero che Forza Italia non perda l’occasione. L’altra volta è mancata la lealtà, ma ora i grandi elettori dovranno mettercela, per il Paese, per il Pd e anche per me. Me lo devono un po’, no?». Enrico Letta riappare e si compliment­a: «Spero che anche i più riottosi facciano prevalere la spinta all’unità. Il metodo di Renzi? Il risultato mi sembra buono » . Scene da un nuovo Pd, che prova a cancellare la macchia dei 101 e apre un nuovo capitolo della sua storia, nel nome di un’unità così evidente da generare, assieme all’euforia, mugugni e sospetti incrociati.

La scena del miracolo è un centro congressi scelto per far dimenticar­e il Capranica del 2013, teatro della funesta ovazione che incoronò (fintamente) Prodi. Questa volta si vota la relazione di Renzi e lo sventolare unanime di tessere dice che, salvo colpi di scena, Mattarella salirà sul Colle. Lo voterà persino Civati, che si è battuto per Prodi. Il rimpianto dei prodiani stride con l’euforia di «popolari» come Fioroni, che dopo una paziente tessitura spodestano gli ex ds dal Quirinale. Lo stato d’animo a sinistra è un po’ quello di Ileana Argentin: «Dispiace che il Pd non riesca a eleggere un ex segretario, Bersani, Veltroni o Fassino».

I «giovani turchi», che puntavano su Amato, l’altra notte hanno discusso fino all’una prima di arrendersi a un cattolico. E adesso c’è chi a sinistra insinua che i grandi elettori di Orfini e Fassino potrebbero far mancare voti. Verducci smentisce: «Sosteniamo Mattarella». Qualche vecchia ruggine correntizi­a resiste, eppure il segno della giornata è l’unità. I veltronian­i sono delusi? Walter twitta «scelta giusta». La terna di Bindi era Prodi-Mattarella-Veltroni e la presidente dell’Antimafia dà atto a Renzi del mezzo capolavoro, sperando che si compia anche l’altra metà: «È stato bravo a dire che non ci sarà un altro candidato, ha giocato bene. Un risultato di tutti, se lo roviniamo succede una catastrofe».

Ottimismo e cautela vanno a braccetto. «Prima vedere cammello...», scherza il renziano Ermini. Il bersaniano Gotor rivendica lo strappo sulla legge elettorale: «Abbiamo sventato un presidente scendilett­o». Se qualcuno trama, Bersani si tira fuori: «Nessuno farà scherzi. Il lavoro del partito è più in discesa se va a buon esito questa soluzione, che mostra un Pd capace di trovare una linea unitaria. Ora i temi del governo corrono con le loro gambe». Se tutto va bene Renzi ricompatta il Pd e blinda la legislatur­a, magari con qualche nuovo innesto dalla minoranza. E se Bersani non andrà al governo perché «è un numero uno», come dice Zoggia, per la Finocchiar­o sarebbe pronto un ministero.

Nel 2013

Il 17 aprile 2013 Franco Marini viene indicato come candidato al Quirinale da parte del Pd, dal Pdl, da Scelta civica e dalla Lega. Alla prima votazione non raggiunge il quorum richiesto di 672 voti, fermandosi a 521

Al cinema Capranica, a pochi passi dalla Camera, la mattina del 19 aprile 2013, su proposta del segretario del Partito democratic­o Pier Luigi Bersani, con un’ovazione, l’assemblea approva all’unanimità la candidatur­a al quarto scrutinio di Romano Prodi, che in quel momento si trova in Mali per il suo incarico Onu

Poche ore dopo, nonostante il dichiarato appoggio dei democratic­i, Prodi ottiene solo 395 voti sui 504 necessari: 101 delegati del Pd su 496 hanno fatto mancare il loro voto

A sera, in un’assemblea che si tiene sempre al Capranica, Pier Luigi Bersani si dimette: «Uno su quattro ha tradito, per me è troppo». Lascia l’incarico anche la presidente del partito Rosy Bindi

Mesi dopo, a novembre, Prodi non rinnova più la tessera del Pd e rinuncia così, da ex premier, al diritto di far parte della direzione nazionale del partito

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Tessere in alto L’assemblea dei grandi elettori del Partito democratic­o, riunita ieri a Roma al centro congressi di via D’Alibert, approva all’unanimità la proposta di Matteo Renzi di votare Sergio Mattarella come nuovo capo dello Stato
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