L’EREDE DELL’ULTIMO IMPERATORE FA L’AMBASCIATORE (PER ORBÁN)
La famiglia che per centinaia di anni fu alla testa dell’impero austro-ungarico ha 400 discendenti sparsi nel mondo. L’arciduca Giorgio e il cugino Edoardo d’Asburgo-Lorena sono diplomatici: «L’Europa è una cosa grandiosa, contiene valori che ispirarono la nostra casata. L’unico limite? L’eccesso di controllo sulle scelte dei singoli Stati»
Iraggi del sole asburgico raggiungevano verso Est i confini degli zar russi», scriveva Joseph Roth nell’immortale Marcia di Radetzky: e i bagliori di quell’astro lontano continuano a riverberarsi sull’Europa di oggi. Sono circa 400 i discendenti della casa reale che regnava un tempo sui territori dell’impero austro-ungarico: alcuni sono impegnati nelle Ong, altri alle Nazioni Unite, c’è chi fa l’ambasciatore, chi il politico e chi il sacerdote. «Ma tutti proviamo ad applicare quei valori fondamentali della nostra famiglia nel mondo di oggi» spiega a 7 Edoardo d’Asburgo-Lorena, arciduca d’Austria e diretto discendente dell’imperatore Francesco Giuseppe e della principessa Sissi. «Un elemento centrale è il vivere assieme, in pace, dei popoli».
Edoardo fa oggi l’ambasciatore d’Ungheria in Vaticano, così come suo cugino Giorgio, nipote dell’ultimo imperatore, Carlo I, è ambasciatore in Francia, sempre per conto del governo di Bu
L’ARCIDUCA EDOARDO: «A CHI DICE “LA FINE DEGLI ASBURGO” RISPONDO: QUALE FINE? SIAMO DAPPERTUTTO, CHIAMATECI, CI TROVATE SU TWITTER»
dapest: e non è un caso che due eredi dell’impero austro-ungarico siano rappresentanti del governo di Viktor Orbán, perché al leader magiaro c’è chi attribuisce proprio un progetto neo-asburgico di egemonia sull’Europa centro-orientale, di cui i rampolli di Francesco Giuseppe sono gli strumenti di influenza.
«Se la gente dice “la fine degli Asburgo”, io rispondo sempre: quale fine? Siamo dappertutto, noi ci siamo: se è necessario, chiamateci», scherza, ma non troppo, l’arciduca Edoardo. Il nume tutelare del loro impegno è Otto, il padre di Giorgio, l’uomo che sarebbe divenuto imperatore se il suo regno non si fosse dissolto e che per due decenni è stato membro dell’Europarlamento nelle file della Csu, l’Unione cristiano- sociale bavarese. Otto vedeva, in qualche modo, l’Unione europea come una continuazione dell’ideale austro-ungarico: «La cosa speciale» sostiene Edoardo «è che lui non ha mai sognato di recuperare la corona e ha realizzato di dover trasmettere, trasferire i nostri principi fondamentali nella realtà del XX secolo. Il vivere assieme di diverse nazioni sotto certi ideali: questa idea dell’Europa, se si vuole, è l’eredità sia del Sacro Romano Impero che dell’Impero austro-ungarico».
Un’eredità che è stata celebrata a giugno perfino a
Londra, in un grande evento all’ambasciata ungherese in memoria di Otto d’Asburgo cui ha presenziato l’ambasciatore della Ue assieme a numerosi altri diplomatici. «L’Unione europea è cominciata come una struttura economica» aggiunge il figlio di Otto, Giorgio «ma la cosa più importante è che la Ue significava sicurezza e stabilità, senza le quali non c’è sviluppo economico: e questo è fondamentale specialmente per chi come noi conosce da secoli la sanguinosa storia di questo Continente».
«Vedo la Ue come una cosa grandiosa» continua il cugino Edoardo «però forse c’è spazio per imparare ancora». E secondo lui là dove può apprendere la lezione dell’impero austro-ungarico è sul principio della sussidiarietà, ossia del demandare le decisioni al livello più basso: «Quando gli Asburgo rispettavano le singole nazioni, le lingue, le religioni, le istituzioni, le leggi e i diritti delle singole nazioni, allora l’impero fioriva. Ma quando c’era la tentazione di centralizzare, come dopo la rivoluzione del 1848, in quei momenti l’impero andava male. È qui che la Ue ha ancora spazio per imparare: perché uno dei problemi dell’Europa attuale è la tentazione di Bruxelles di immischiarsi al livello locale».
Qui si sente inevitabilmente l’eco delle posizioni sovraniste di Budapest, anche se declinate in pati
GIORGIO, FIGLIO DELL’IMPERATORE RESTATO SENZA REGNO: «FAR PARTE DI QUESTA FAMIGLIA AIUTA, APRE LE PORTE, PUOI PARLARE CON CHIUNQUE»
na asburgica, ma Edoardo non vede una contraddizione fra l’afflato universalista dei suoi antenati e le chiusure nazionaliste del governo di Orban che lui rappresenta: «Come membro della famiglia Asburgo capisco gli ungheresi ancora meglio: l’opposizione di questo popolo l’abbiamo vissuta per tanti anni nel nostro impero. L’Ungheria è un Paese fiero, con una lingua unica al mondo, una cultura millenaria e un forte sentimento di sovranità. Questo elemento era un problema per gli Asburgo, finché non hanno trovato un modo di vivere insieme: e tale questione la si sente ancora oggi nell’Unione europea. Ma l’idea dell’Europa deve includere un grande rispetto per il livello più basso, di ogni singolo membro».
Torna l’idea di una Ue che dovrebbe ispirarsi al modello austro-ungarico: «Non dico che dovrebbero introdurre un imperatore» ride l’arciduca «ma c’è ancora tanto da scoprire». E sicuramente Orban sta riproponendo quello spazio geo-politico: il suo raggruppamento dei “Patrioti per l’Europa” a Strasburgo fa perno sul triangolo neo-asburgico Budapest-Vienna-Praga, cui presto potrebbero aggiungersi anche sloveni e slovacchi, quasi a far risorgere il fantasma dell’impero tramontato nei bagliori della Prima guerra mondiale. Solo che questa volta il nuovo agglomerato dell’Europa centro-orientale è a trazione magiara.
Non a caso allora i suoi emissari in Occidente sono gli eredi degli Asburgo: «Far parte della nostra famiglia aiuta il mio lavoro diplomatico, apre le porte e la possibilità di parlare alle persone», ammette Giorgio. «Se mandi un Asburgo come me in Vaticano» aggiunge Edoardo «si comporteranno diversamente che con altri ambasciatori».
«Se cresci col nostro nome» conclude l’arciduca «dal momento in cui cominci a capire che fai parte di qualcosa di molto grande ti chiedi cosa significa questo per te, cominci a studiare la storia della famiglia. Mi sono chiesto quali sono stati i nostri principi fondamentali nel corso di 800 anni e mi sono reso conto che sono tutte cose che sono oggi un po’ sparite: e per questo vale la pena di parlarne. Devi conoscere le tue radici, devi sapere da dove vieni». Otto aveva rinunciato ufficialmente alla Corona, ma è inevitabile chiedere quanta nostalgia del trono sia rimasta ai suoi eredi: «L’abbiamo fatto per ottocento anni ed è probabilmente nel nostro Dna pensarci ogni tanto» ammette Edoardo. «Non vedo una monarchia nei vecchi Paesi austro-ungarici, ma se ci fosse la chiamata, siamo qui: ci trovate su Twitter!».