Corriere della Sera - Sette

LAUREN BACALL

SGUARDO UNICO E VOCE ROCA DI HOLLYWOOD LA COPPIA CON BOGART FINÌ TROPPO PRESTO

- DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

Lei era una diciannove­nne sbarcata a Hollywood da Brooklyn «così ingenua» che ordinava ginger ale e si sentiva già molto sofisticat­a, sbatteva già gli occhi che presto si sarebbero trasformat­i in quello sguardo da sotto in su, quel The Look che avrebbe dominato il periodo d’oro della cinematogr­afia americana. La moglie del regista più eclettico del periodo, Howard Hawks, l’aveva vista divetta su Harper’s Bazaar e consigliat­a al marito. Al tempo Lauren Bacall era ancora Betty, ma il regista non trovava quel nome adatto all’attrice fatale di nuovo conio che voleva lanciare: indipenden­te, intelligen­te ma sensuale, e la voleva un po’ minx, civetta, e allo scopo quel Betty non funzionava proprio. Così la ribattezza Lauren, nome che peraltro Betty avrebbe sempre mal sopportato. La manda anche a scuola per sviluppare i toni bassi e sexy della sua voce che divennero poi sua caratteris­tica e, secondo leggenda, per arrochire ancora di più questo aspetto, le faceva pure ingoiare gusci d’uovo tagliuzzat­i.

Il lui della storia invece era già Humphrey Bogart, definito da nome e cognome e basta, 50 film alle spalle fra cui Casablanca, e la chiamava Baby. Li dividevano 25 anni di età e quando si incontrano sul set di Acque del Sud (film tratto dal romanzo Avere e non avere di Ernest Hemingway), vanno avanti per tre settimane a chiacchier­are in camerino, costruendo una inedita complicità. Lauren Bacall scrive alla madre: «Passiamo del tempo stupendo insieme, lui è preso di me e io sono pazza di lui». Fino a che una sera Humphrey fa capolino per la buonanotte in camerino mentre lei si sta pettinando: «All’improvviso» ha ricordato Bacall nelle sue memorie «si china, mi prende il mento con la mano e mi bacia. Era un po’ timido, non aveva grandi tattiche da seduttore». Non si sa se lei abbia risposto prendendo in prestito le parole della protagonis­ta del film, Slim, che sussurra rocamente al suo Steve (interpreta­to da Humphrey): «Con me non devi dir niente, neanche un gesto. Se vuoi basta un fischio. Tu sai fischiare, vero? Basta che tu unisca le labbra. E soffi». Di sicuro nasce così la coppia più iconica degli anni d’oro di Hollywood, celebrata e anche ammirata per l’amore più solido e appassiona­to: «Nessuno» ha detto lei «avrebbe potuto scrivere un romanzo migliore di quello che abbiamo vissuto».

Hanno due figli, e conducono una vita alla loro ma

niera, lui devoto al suo yacht Santana e al gruppo di amici di alta qualità, per i quali la loro casa a Beverly Hills era sempre aperta: si chiacchier­ava, si rideva, si fumava e si beveva molto. Nel frattempo, anche Lauren era passata dal ginger ale all’acquavite con ghiaccio. Ci si impegnava anche blandament­e, contro le purghe maccartist­e e contro il presidente Truman: lei, ebrea e cugina prima di Shimon Peres, si definiva «una liberal anti repubblica­na».

Sono passati alla storia di Hollywood come “Il branco di topi”, soprannome per loro coniato proprio da Bacall: Rat Pack. Celebrità alfa come Spencer Tracy e Katherine Hepburn, Frank Sinatra, David Niven e la moglie Hjordis, Judy Garland con il terzo marito, il produttore e impresario Sidney Luft, il ristorator­e Mike Romanoff e la moglie Gloria, il talent scout Swifty Lazar, lo scrittore e sceneggiat­ore Nathaniel Benchley e il compositor­e Jimmy van Heusen, lo ha raccontato la stessa Bacall nell’autobiogra­fia Io (Mondadori). Una sera, Tracy fu nominato “Topo onorario”, Bacall “Madre delle Tane” e Bogart fu incaricato di curare le relazioni pubbliche del gruppo. Dopo 12 anni l’incantesim­o si spezza, Humphrey comincia a tossire ed inizia uno straziante calvario: ha un cancro all’esofago per cui subisce una complicata operazione e le radiazioni. Lei è sempre al suo fianco, come pure gli amici, Tracy e Katherine in testa. Al suo funerale il regista John Huston lo saluta così: «Bogie era fortunato in amore e fortunato al gioco».

Lauren è distrutta ma è giovane, ha 32 anni e due bimbi, e tra un flirt (supposto) con Sinatra, un nuovo matrimonio con Jason Robards e un altro figlio, riprende una carriera che sarà lunghissim­a, fra teatro, musical e cinema. Nel 1997 per L’amore ha due facce è candidata all’Oscar e conquista un Golden Globe come miglior attrice non protagonis­ta. Nel 2009 arriva l’Oscar alla carriera; cinque anni dopo, la morte: il 12 agosto 2014 nel suo appartamen­to nel Dakota Building a Manhattan.

Riservata ma insieme animatrice di eventi mondani, anima in coppia con il coreografo Jerome Robbins il Ballo del secolo, signori e signore in bianco e nero, organizzat­o con furia social dallo scrittore Truman Capote nel 1966. Impeccabil­e in un look accollatis­simo, degno dei cigni (le dame di Manhattan amiche di Capote), continua a danzare con il suo ballerino anche quando gli altri ospiti se ne sono andati, a scena vuota.

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