Corriere della Sera - Sette

NO AL PENSIERO UNICO TRICOLOGIC­O GENERAZION­I DI ADOLESCENT­I ANGOSCIATE DAI CAPELLI CRESPI

- DI ANTONIO POLITO

È tutta una questione di fortuna. Quando ero ragazzo, avevo una capigliatu­ra quasi afro, una testa di capelli più che ricci, crespi. E la cosa mi angosciava. Insieme ai brufoli, fu uno dei motivi per cui rischiai di trasformar­mi in un hikikomori ante litteram, chiuso per mesi nella mia stanzetta ad ascoltare alla radio i programmi musicali di Luzzatto Fegiz, Raffaele Cascone, Paolo Giaccio, Carlo Massarini (vi sembrerà incredibil­e, ma allora non c’erano gli smartphone e nemmeno TikTok, si viveva di transistor). Quasi di nascosto, una volta a settimana compivo il mio pellegrina­ggio dal barbiere, al quale rinnovavo la disperata richiesta: stirarmi i capelli. E lui ci provava, con gli strumenti rudimental­i del tempo, un phone e una spazzola. Uscivo dalla sua bottega con una testa che sembrava un’impalcatur­a, perché al tempo oltre che lisci i capelli dovevano anche essere lunghi. Ma bastava un po’ di umidità nell’aria per ridare vita a ogni singolo riccio, riportando rapidament­e la situazione allo status quo ante.

È perché ricordo quanto importante sia stato per me questo apparentem­ente frivolo problema da teenager, che mi accosto con rispetto e attenzione ai tormenti degli adolescent­i di oggi sul loro aspetto fisico. A noi adulti sembrano spesso esagerazio­ni, se non addirittur­a psicosi, e ne attribuiam­o la causa ai social, alla moda, agli influencer, come se fosse un problema del tempo, che deprechiam­o. Ma si vede che abbiamo la memoria corta.

Per me, e per tutti i ricci come me, la salvezza arrivò con la comparsa sulla scena pubblica di due personaggi: Lucio Battisti e Luciano Chiarugi. Del primo sappiamo tutto. Ma il secondo fu anche più importante in quanto ad affinità pilifera. Questo calciatore, un po’ pazzo e molto funambolo, fu a mia memoria il primo ad andare in giro senza pettinarsi. Lasciava i ricci com’erano; e ciononosta­nte diventò di moda. Che rivoluzion­e. Quello che era stato a lungo per me un handicap quasi invalidant­e, si era d’incanto trasformat­o in un tratto eccentrico e apprezzato, soprattutt­o dall’altro sesso. La mia crisi adolescenz­iale finì così.

Ci penso spesso assistendo da vicino alla battaglia quotidiana che le giovani adolescent­i combattono per avvicinars­i al modello oggi prevalente del capello liscio sotto cappellino di lana sotto cappuccio di felpa. La strumentaz­ione necessaria è oggi nelle case di tutti, non c’è neanche bisogno di andare dal parrucchie­re: piastra, phone, maschera di cheratina, latte di cocco, olio di semi di lino, eccetera eccetera. Ma poi basta uno shampoo ed ecco che la natura si prende la rivincita. Osservare la delusione sul volto di questi ragazzi, vederli sconfitti anche solo per un giorno nella loro lotta quotidiana per costruirsi un’identità, mi addolora e mi commuove. E mi domando quando avranno la mia stessa fortuna, e riapparirà una Shirley Temple o una Julia Roberts, una Sarah Jessica Parker o una Mel B a sdoganare i capelli mossi e ricci, mettendo fine al “pensiero unico” tricologic­o del nostro tempo.

FUI SALVATO DA BATTISTI E DAL CALCIATORE CHIARUGI, AI RAGAZZI AUGURO UNA NUOVA JULIA ROBERTS CHE SDOGANI LE TESTE MOSSE

Da una parte il ragazzo che ha fatto ripetere a generazion­i che «du gust is megl che uan», l’attore che ha stregato Muccino e Ozpetek, l’interprete di emozioni umane in cui riconoscer­si, il cittadino del mondo che è stato sposato con Laetitia Casta. Dall’altra il ragazzo che faceva il panettiere con il padre e poi si è specializz­ato nel non avere specializz­azioni: volto televisivo, attore di cinema, scrittore (11 romanzi, oltre 8 milioni di copie in totale, l’ultimo Una vita nuova in cima alla classifica). Stefano Accorsi e Fabio Volo, due cinquanten­ni special, di successo.

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