In ricordo di Ophélia, unico amore di Pessoa Accettò le sue visioni ma fu lei a dirgli addio
Visse il legame affettivo con maturità e seppe tollerare l’alter-ego del poeta, l’ingegnere-dandy
Alvaro De Campos, che si insinuò tra loro scrivendole una lettera malevola. Ma quando questi prese il sopravvento reagì con fermezza, restando però amica del genio portoghese per tutta la vita. Se ne è andata in silenzio come ha vissuto, senza mai concedere un’intervista ai giornali e pubblicando solo in tarda età quello che è il più bizzarro epistolario del Novecento
Ieri si sono svolti i funerali di Ophélia Queiroz. Si sono svolti nel più stretto riserbo come la famiglia ha preferito fare rispettando la volontà di Ophélia. Ma non so fino a che punto la notizia avrebbe potuto interessare i giornali portoghesi, tutti occupati da complicate diatribe politiche in vista delle elezioni che si terranno a ottobre. Inoltre gli agricoltori del centro-nord protestano per la politica agricola comunitaria e occupano le strade nazionali con i trattori. Tra blocchi stradali al nord e massicce invasioni di turisti al sud, il Portogallo va passando la sua estate cercando faticosamente la soluzione dei suoi problemi economici. Forse questo è l’unico giornale al mondo che ricorda oggi Ophélia Queiroz e sono contento di poterlo fare io, che in questi anni ho avuto modo di conoscere, attraverso la letteratura, la figura di questa intelligente donna.
Forse al lettore italiano meno attento il nome di Ophélia Queiroz può risultare sconosciuto; ma tutti quei lettori che in questi ultimi anni hanno scoperto l’opera di Fernando Pessoa ricorderanno una storia d’amore, un intenso episodio sentimentale (l’unico) che il grande poeta portoghese visse e che ha regalato alla letteratura europea le più bizzarre lettere d’amore del 900 (F. Pessoa, Lettere alla fidanzata, Adelphi 1989).
Ophélia Queiroz amò Pessoa e ne fu riamata. Fu un amore vivissimo, bruciante e misterioso, che si spense non per inerzia, come spesso si spengono le normali passioni amorose, ma per una curiosa interferenza che Alvaro de Campos, uno degli eteronimi di Pessoa, insinuò nella storia sentimentale del suo creatore. Campos entrò prepotentemente nella storia d’amore di Fernando e di Ophélia, scrisse di suo pugno una lettera malevola alla ragazza, si intromise nella coppia con arroganza.
Geloso, nevrotico, un po’ isterico, l’ingegnere Alvaro de Campos, dandy perdigiorno a Lisbona e autore di odi avanguardiste, non tollerava che la piccola Ophélia concedesse il suo cuore a un uomo così grigio e insipido come Fernando Pessoa. Questa, almeno, la spiegazione ufficiale che si desume dalle lettere. Ma in realtà Pessoa non poteva spartire la sua vita tra un normale ménage familiare e il progetto onnivoro e senza scampo della sua opera. Era il 1920, Ophélia aveva 19 anni, Pessoa 31.
«Mio caro piccolo bebé», così spesso Pessoa apostrofa epistolarmente la sua innamorata inviandole lettere dove il desiderio di regressione verso l’età infantile è certo evidente.
Forse Pessoa visse questo amore alla sua maniera: come una suprema finzione, come una ulteriore spersonalizzazione nella quale egli assumeva il ruolo del «normale» fidanzato. E infatti il loro amore era cominciato come un gioco: un giorno, approfittando del fatto che era mancata la luce, Pessoa si era presentato a Ophélia con un candeliere in mano ripetendo le parole di Amleto a Ofelia nella tragedia di Shakespeare.
Ma sono incline a credere che Ophélia abbia vissuto il suo grande amore in maniera affatto diversa dal suo innamorato: con convinzione, maturità, chiarezza. Ophélia lavorava come dattilografa nella stessa ditta di import-export nella quale lavorava Fernando Pessoa. Era una ragazza sveglia, graziosa, di buona famiglia, che aveva scelto di lavorare per essere indipendente. Credeva in se stessa, nel lavoro e nell’emancipazione femminile. Era una ragazza intelligente. Capì Pessoa, o si sforzò di farlo. Accettò perfino il gioco un po’ perverso dell’eteronimia, che per Pessoa aveva ormai varcato i confini della letteratura ed era entrato nella vita. Inizialmente tollerò la presenza indiscreta di Alvaro de Campos che cominciava ad affacciarsi nella loro amicizia sentimentale; quando Campos prese il sopravvento reagì con fermezza ma con grande intelligenza.
Ci si sarebbe potuto aspettare che trattasse Pessoa come un visionario, invece assecondò la sua situazione psicologica, considerando Campos alla stregua di una persona realmente esistente, come per Pessoa lo era davvero. Probabilmente capì anche il motivo della rinuncia del suo innamorato. Gli restò sempre amica con grande fedeltà intellettuale.
Si fece una famiglia dopo la morte di Pessoa e conservò gelosamente le sue lettere che si risolse a pubblicare solo in tarda età. Non ha mai concesso interviste ai giornali, è sempre vissuta lontana dalla scena letterario-mondana, anche se è vissuta in un ambiente artistico molto coltivato: era la zia del poeta Carlos Queiroz e amica di raffinati intellettuali. Con lei scompare un testimone, e anche un’epoca. Mi pare giusto ricordarla.