LA LEZIONE DI PICO: USCIRE DAL CERCHIO CHIUSO
SAPER DIALOGARE È VITALE
Nel 1486, ad appena 24 anni, Pico della Mirandola scrisse un’opera composta di 900 tesi con l’obiettivo di riconciliare il cristianesimo non solo con le altre confessioni religiose orientali ma addirittura con la sapienza pagana degli antichi. Fu subito condannato dalla Chiesa e dovette riparare in Francia, dove fu comunque incarcerato, prima che Lorenzo il Magnifico intercedesse per lui. Che un ragazzetto, per quanto geniale e colto, potesse pretendere di risolvere i problemi su cui ci si accapigliava da secoli suona un po’ arrogante, in effetti. Ma le idee che lo animavano non mancano di interesse. Troppo spesso i saggi, gli esperti, e non solo loro, vivono nella sicurezza delle loro certezze, arroccati dietro il muro delle loro convinzioni. Ma il vero sapiente deve fare esattamente il contrario, afferma deciso Pico. Spingersi oltre, trasgredire i confini di ciò che è noto e familiare, rimettendo le proprie certezze in discussione nel confronto con gli altri. Perché non c’è conoscenza fino a che il nostro pensiero non riesce a specchiarsi nel pensiero altrui, riconoscendosi nei suoi limiti, prendendo consapevolezza di quello che ancora gli manca, o di quello che non vedeva. Per questo il dialogo è così importante, necessario – è vitale. Anche quando non è facile, quando comporta scambi duri. Anzi sono proprio quelli i confronti più utili. Senza qualcuno che contesti le nostre certezze, offrendoci altre prospettive, è difficile uscire dal cerchio chiuso di una conoscenza illusoria perché parziale, limitata. In fondo, questo intendeva Socrate, quando ripeteva a tutti che sapeva di non sapere: non era una banale ammissione di ignoranza, ma una richiesta di aiuto, perché il vero sapere è quello che nasce quando si mettono alla prova i propri pregiudizi, ampliando gli orizzonti.
Vale per i sapienti, e vale per noi, verrebbe da osservare con due psicologi, David Dunning e Justin Kruger. Alla fine del secolo scorso, con una serie di esperimenti illuminanti, mostrarono che tanto meno uno sa tanto più è convinto di aver capito tutto; tanto meno uno è competente e tanto più pensa che sia tutto semplice, e perciò non c’è bisogno di ascoltare gli altri. Lo aveva già detto anche William Shakespeare, per altro: «il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio». In fondo, è un meccanismo comprensibile, perché dentro di noi c’è una tendenza naturale, innata, a inquadrare la realtà a partire dal nostro punto di vista, mettendo noi stessi al centro delle cose. Il problema è che, così facendo, finiamo per confondere abitudini e certezze, nel senso che finiamo per considerare giusto e vero quello che ci sembra normale, semplicemente perché è ciò a cui siamo abituati. Un errore, e non di poco conto, che sulla media e lunga distanza finirà per impedirci di comprendere quello che accade intorno a noi.
IL VERO SAPERE È QUELLO CHE NASCE QUANDO SI METTONO ALLA PROVA I PROPRI PREGIUDIZI, AMPLIANDO GLI ORIZZONTI