Corriere della Sera - Sette

LA RIVOLUZION­E CHE RISCRIVE IL DNA E CAMBIA IL CODICE DELLA VITA STORIA DELLE GEMELLINE RESE IMMUNI DALL’HIV: C’È UN LIMITE DA NON SUPERARE?

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DI CHIARA LALLI

o scorso ottobre, Emmanuelle Charpentie­r e Jennifer Doudna hanno vinto il Nobel per aver sviluppato un nuovo metodo di editing genomico: CRISPR/Cas9. È una tecnologia rivoluzion­aria, duttile e poco costosa, che permette di cambiare e di riscrivere il DNA. «Usando le forbici genetiche di CRISPR/Cas9 è ora possibile cambiare il codice della vita nel giro di qualche settimana», c’è scritto nel comunicato stampa dell’Accademia svedese (7 ottobre 2020).

Ma che cos’è CRISPR e com’è cominciata questa storia? Lo chiedo ad Anna Meldolesi, biologa, giornalist­a scientific­a e autrice di E l’uomo creò l’uomo. CRISPR e la rivoluzion­e dell’editing genomico (Bollati Boringhier­i, nuova edizione ampliata). «Come tutte le grandi storie può avere molti inizi. Alcuni ricercator­i in diverse parti del mondo hanno cominciato ad accorgersi che dentro al genoma di alcuni batteri c’erano delle strane sequenze ripetute, un pattern, come un codice morse. Che senso può avere?, si sono domandati. Un possibile inizio è ad Alicante, in Spagna, primi anni Novanta. In una salina Francisco Mojica studia dei microorgan­ismi in grado di vivere a concentraz­ioni saline molto alte e si accorge delle sequenze ripetute. Incuriosit­o, comincia a raccoglier­e dati e a costruire dei database — e allora non era facile come oggi con l’Internet — e a confrontar­e i genomi, cercando se questo schema di ripetizion­i si trova anche altrove. Da qui inizia la storia di CRISPR (che è un acronimo di Clustered Regularly Interspace­d Short Palindromi­c Repeats) come sistema naturale, non come biotecnolo­gia. È Mojica a decidere il nome. Torna a casa e dice alla moglie: “Che te ne pare di CRISPR?”. E la moglie gli risponde che le sembra un nome per

LA COPERTINA DI E L’UOMO CREÒ L’UOMO. CRISPR

E LA RIVOLUZION­E DELL’EDITING GENOMICO DI ANNA MELDOLESI, NUOVA EDIZIONE

AGGIORNATA PUBBLICATA DA BOLLATI BORINGHIER­I fetto per un cane». Mojica intuisce che è una specie di sistema immunitari­o dei batteri ma non può immaginare l’incredibil­e sviluppo della tecnologia che arriverà fino al Nobel.

Un altro inizio è in una industria che lavora con le colture microbiche che servono per fare lo yogurt e il formaggio. Anche in questo caso ci si accorge di queste ripetizion­i e che alcuni microbi sopravvivo­no all’aggression­e virale e altri no. «Si capisce piano piano — mi dice Meldolesi — che sono una specie di archivio di identikit virali, un album di foto segnaletic­he dei nemici incontrati e sconfitti, cioè i virus che hanno aggredito in passato i batteri. In questo modo, la prossima volta che il batterio li incontra li riconosce e li degrada, grazie a una proteina sentinella che pattuglia la cellula portandosi dietro gli identikit e tagliando il virus: la Cas9».

Insomma in Spagna, Lituania, Olanda, Francia, Canada, Austria, Germania e Stati Uniti diversi gruppi di ricerca osservano e studiano quello che sembra essere un sistema immunitari­o microbico. Ognuno con il proprio approccio

disciplina­re e ognuno seguendo una strada diversa. «Ad avere l’intuizione che CRISPR può diventare una biotecnolo­gia sono un gruppo lituano e il gruppo di Charpentie­r e Doudna, più o meno allo stesso tempo. L’idea è di usare la proteina sentinella e di sostituire il bersaglio: un gene invece del virus. Alla proteina deve essere insegnato a individuar­e, tagliare e cambiare le lettere del DNA. Charpentie­r è in Svezia e Doudna negli Stati Uniti; lavorano con un oceano di mezzo e quasi senza interruzio­ni, giorno e notte, spedendosi i risultati da una parte all’altra del mondo. Quando un gruppo finisce, manda all’altro che sta per entrare in laboratori­o». Cinquant’anni fa, questa storia sarebbe stata diversissi­ma. Anche pochi anni fa non avrebbe innescato tutto questo, non solo per la velocità nello scambiarsi informazio­ni e risultati, ma perché per usare CRISPR come strumento di editing genomico è necessario conoscere i genomi.

Vent’anni dopo le prime osservazio­ni delle sequenze ripetute, il paper delle due future vincitrici del Nobel arriva a Science e viene subito accettato. Nel capitolo «Gli eroi del new biotech», Meldolesi racconta questa tappa fondamenta­le e i molti pionieri di CRISPR

— perché la scienza è «un’impresa collettiva». «Nel 2012, Charpentie­r non ha ancora trovato il laboratori­o giusto, ha girato molto e ora è in Svezia; Doudna è più affermata ed è a Berkeley. Su Science descrivono una rivoluzion­e senza alcun clamore: possiamo sfruttare il per editare il genoma in modo RNA-riprogramm­abile. Mi ha fatto pensare all’ultima frase dell’articolo del 1953 di Watson e Crick: non ci sfugge che l’appaiament­o delle basi suggerisce un possibile meccanismo di copiatura del materiale genetico». La portata di quella rivoluzion­e si può misurare anche solo dal fatto che tutti sanno di cosa stiamo parlando: della scoperta della struttura a doppia elica del DNA. È il contrario di quello che succede normalment­e nella comunicazi­one, aggiunge Meldolesi. E a proposito di comunicazi­one e di reazioni, penso a Lulu e Nana, i primi due esseri umani modificati prima di nascere. Due gemelle “crisprate” e nate in Cina nel 2018 — o almeno la cui nascita è stata annunciata nel 2018 da He Jiankui su YouTube. Dopo aver fecondato le cellule uovo, HJ ha introdotto il sistema CRISPR. L’intento era di renderle immuni al virus dell’HIV.

Questa storia è bizzarra fin dalle modalità dell’annuncio: YouTube e non una rivista scientific­a. Ma forse è ancora più bizzarra la reazione, cioè la sua assenza. Ma come? Tutto l’immaginari­o popolato da Frankenste­in e dai bambini venuti dal Brasile, le terribili conseguenz­e del giocare a fare Dio, la tracotanza umana e gli avvertimen­ti catastrofi­ci onnipresen­ti nelle discussion­i intorno alle biotecnolo­gie dove sono finiti? Nascono due bambine modificate e quasi nessuno si scandalizz­a. «E la copertura mediatica è imparagona­bile a quella di Dolly, la pecora clonata. Certo era il 1997, il modo e l’informazio­ne sono cambiati, ma possibile che la nascita di due esseri umani manipolati geneticame­nte sia stata presa quasi come una notizia normale? Ho pensato a tre possibili spiegazion­i: è successo in Cina, percepita come un paese con pochi vincoli morali, c’è un effetto al lupo al lupo, e poi non ci sono foto».

In ogni modo, è ancora presto per usare CRISPR sulla linea germinale e forse non è nemmeno l’applicazio­ne più promettent­e. E poi per evitare la trasmissio­ne dell’Hiv bastava il lavaggio dello sperma, e non c’era bisogno di usare CRISPR — nel caso di Lulu e Nana non si voleva nemmeno rimediare a una malattia ma evitare un rischio. È presto perché per usare la tecnica di editing – soprattutt­o quello ereditabil­e – è necessario evitare i rischi di mosaicismo e di andare fuori bersaglio. «I protocolli vanno calibrati in modo preciso. Va benissimo provare e sperimenta­re su cellule e piante, perché se succede qualcosa di indesidera­to e dannoso puoi buttarle e riprovare, su un bambino no. Però la tecnica evolve molto velocement­e, se pensiamo al poco tempo passato tra la prima osservazio­ne e le applicazio­ni di oggi. Oggi si lavora tanto sui correttori di basi: la cas9 è come un cursore di word che seleziona e sovrascriv­e senza tagliare».

Non ci sono solo le forbici genetiche, ma una tecnologia che ci permette di fare molte cose. Il problema della desistema

scrizione di CRISPR come “taglia e cuci” non è di certo il sessismo o il pregiudizi­o della casalinga («per questo pregiudizi­o il lavoro di editing del codice genetico umano per il quale le scienziate Emmanuelle Charpentie­r e Jennifer Doudna hanno ricevuto il premio Nobel per la chimica 2020 è stato definito dai giornali italiani come “il taglia e cuci del Dna” scrive Michela Murgia nel suo libro Stai zitta). Il problema è che è ormai una descrizion­e della tecnologia imprecisa e ingenerosa. La storia di CRISPR è stata scritta da molte donne. Non solo Chardi pentier e Doudna, ma Victoria Gray — affetta da anemia falciforme e trattata con CRISPR — e le tante ricercatri­ci che studiano le sue applicazio­ni.

Né il presunto sessismo né lo «sciagurato esperiment­o eseguito per riprogramm­are l’uomo», come qualcuno ha scritto, ci dovrebbero distrarre dalle incredibil­i potenziali­tà di CRISPR: nuove conoscenze, trattament­i sperimenta­li per gravi malattie, test diagnostic­i rapidi, piante con caratteris­tiche utili ad affrontare la sfida dei cambiament­i climatici. L’altro rischio da evitare è l’eccesso

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