Noi, talpe volontarie mai più lo rifaremo
qualcosa che ha stravolto non solo le nostre abitudini, ma le nostre scelte esistenziali, il nostro equilibrio psichico, la nostra vita di relazione, è altamente consigliabile la lettura di un libro uscito per La nave di Teseo, Diario di una talpa, scritto e disegnato (nel senso che contiene suoi disegni) da Paola Mastrocola. E cosa ci dice la talpa di Paola Mastrocola? Dice: «Viviamo di norma abbastanza appartate e nascoste, all’ombra». Come tutti noi, nei mesi scorsi, ma alle talpe viene naturale. Ma se non è un appartarsi, un nascondimento, un mettersi all’ombra naturali? Ecco cosa risponde la talpa: «Un conto è appartarsi perché è nella nostra natura, un altro è l’obbligo di stare rinchiusi. Allora cambia tutto. La vita appartata è una scelta, e funziona soltanto se si alterna a momenti di vita sociale, non dico colossali manifestazioni di massa, ma qualcosa che preveda la presenza di qualche altro essere vivente intorno. Se la solitudine e l’isolamento diventano l’unica esistenza possibile, non funziona più».
Ecco non funziona, non ha funzionato, non può funzionare. Si percepisce in giro, ora che le aperture hanno portato agli affollamenti di prima in misura addirittura eccessiva e imprudente, una malsana nostalgia degli arresti domiciliari, un misto letale di sociopatia e di misoneismo che ci fa rimpiangere le sbarre che ci hanno segregato per mesi. Ma se la vita appartata non è una scelta, diventa una prigione. E la prigione non arricchisce lo spirito, non affina la sensibilità, non fa riscoprire la vita interiore, come pure si accenna nel Diario di una talpa.
Il sommo Pascal sosteneva che tutti i guai dell’umanità nascono dalla difficoltà di vivere soli in una stanza. Ma a parte che la maggior parte dei reclusi del lockdown non dispongono di una stanza tutta per sé dove curare lo spirito via dalla pazza folla, a parte questo, è l’obbligo, la costrizione, la reclusione carceraria che impediscono di godere delle straordinarie risorse della solitudine. La vita ha due dimensioni e si regge sul delicato, instabile, problematico equilibrio tra queste due dimensioni, tra la sfera della vita privata, appartata, familiare, casalinga o in tutti i modi che vogliamo definirla, e la sfera della vita sociale, professionale, ludica, culturale, di relazione. La porta di casa si deve chiudere ma si può riaprire. Il rientrare implica l’uscire, la soglia di casa viene oltrepassata per gettarsi nel mondo oppure, al contrario, per lasciarsi, volontariamente, il mondo alle spalle. Se questo
Abbiamo vissuto per mesi come talpe. Anzi, siamo stati spietatamente costretti a vivere come talpe, e se viene imposto «l’obbligo di stare rinchiusi», anche le talpe potrebbero innervosirsi. Per chi non vuole dimenticare l’esperienza orribile del lockdown,