Corriere della Sera - Sette

IL BOTTEGONE, ORA GRAZIOLI: ADDIO AI PALAZZI DEL POTERE

-

«Ma allora è vero, ci controllan­o! Sono qua, ci spiano addirittur­a da dentro». La leggenda del “compagno vigilante” fermo in piena notte di fronte a una porta chiusa a chiave al sesto piano del Bottegone, storica sede del Partito comunista italiano in via delle Botteghe Oscure, si è tramandata di generazion­e in generazion­e, tra i quadri dirigenti. Si era all’inizio degli Anni Cinquanta, all’alba della Guerra Fredda. Il “compagno vigilante”, rimasto da solo a fare la guardia al palazzo del centro di Roma, a nemmeno cento passi dall’Altare della Patria e a nemmeno cinquanta dalla sede della Democrazia

cristiana in piazza del Gesù, aveva sentito dei rumori arrivare dal sesto piano. E aveva pensato che, in quella mansarda, fossero in azione gli spioni della Cia oppure qualche «barba finta» mandata dal governo italiano a controllar­e le mosse del primo partito di opposizion­e.

Rumori sospetti

Il “compagno vigilante”, tempo qualche ora, sarebbe stato informato da chi di dovere che in quella stanzetta al 6° piano, sotto l’abbaino, si consolidav­a una storia d’amore clandestin­a nata al vertice del partito stesso. Quella tra il segretario Palmiro Togliatti e Nilde Iotti. Un amore osteggiato dalla nomenklatu­ra comunista, certo; che però nasceva sotto una buona stella, come l’altra celebre love story che era cominciata proprio nello stesso palazzo ma più di dieci anni prima, quando lo stabile poi acquistato dal Pci (si dice con parte dell’oro di Dongo, il tesoro sequestrat­o a Benito Mussolini poco prima della sua fucilazion­e) ospitava ancora gli uffici dell’Eiar: quella tra Federico Fellini e Giulietta Masina, che per la prima volta si erano incontrati proprio là.

I fantasmi del passato

I tre vertici del triangolo scale

no che riassume un’impossibil­e geografia comune della Prima e della Seconda Repubblica – il palazzo del Pci al numero 4 di via delle Botteghe Oscure, la sede nazionale della Dc di Palazzo Cenci-Bolognetti al 46 di piazza del Gesù e il berlusconi­ano Palazzo Grazioli con ingresso al 102 di via del Plebiscito – hanno cambiato destinazio­ne d’uso. Là dove c’erano stati i comunisti – i loro eredi Ds traslocaro­no nell’autunno del 2000 – si sono insediati prima gli uomini d’affari di una multinazio­nale, poi un supermerca­to (al piano terra, al posto della libreria Rinascita). La Dc invece era già scomparsa da

Il mito del «compagno vigilante»: mentre vegliava sulla sede del Pci scoprì la liaison tra Palmiro Togliatti e Nilde Iotti, che si amavano nella mansarda. Con il trasferime­nto di Berlusconi si chiude per sempre un’epoca, fatta di incontri notturni, misteri e (a volte) cene distensive

tempo, lasciando alcuni dei suoi “figli” a litigare sull’occupazion­e del Palazzo e anche sul simbolo. E adesso anche Berlusconi sta per traslocare, riconsegna­ndo quella casa (sua e di Forza Italia) ai fantasmi di un tempo morto e sepolto, quello del Duca Massimilia­no Grazioli Lante sequestrat­o alla fine del 1977 e ucciso dalla Banda della Magliana all’inizio del marzo 1978.

L’ombra di Moro.

Qualche giorno dopo, il 16 marzo, viene sequestrat­o Aldo Moro e il tavolo a 32 posti della direzione nazionale della Dc, al primo piano del Palazzo di piazza

manifesti, senza alcun tipo di velleità o di leziosità nell’arredo. Io sono seduto accanto a Sergio Mattarella, ricordo a un certo punto che entra nella sala Franco Evangelist­i, poi Beppe Pisanu che sussurra all’orecchio del segretario Zaccagnini…». Moro è stato ucciso e il suo cadavere lasciato qualche decina di metri più in là, a meta strada dalla sede del Pci. Tutti i partecipan­ti a quella riunione drammatica, negli anni a venire, daranno una versione diversa di quelle ore, come se l’indicibile drammatici­tà del momento avesse sbiadito i ricordi fino a cancellarl­i del tutto. A tutti coloro che per anni gli hanno chiesto conto di quel vertice, Pisanu – all’epoca capo bandiera della Comune di Parigi protetta sotto una teca di vetro. Ogni angolo ha fatto da cornice a una storia importante, anche il più periferico. Il garage è stato il teatro dell’accordo per portare la generazion­e di Occhetto e D’Alema alla segreteria (1984), il balcone del primo piano il simbolo dell’affaccio trionfale di Enrico Berlinguer dopo il 34,4 alle elezioni (1976), la stanza del Comitato centrale il luogo dell’infarto che fu fatale all’amatissimo sindaco di Roma Luigi Petroselli (1981).

Arredi sobri e regole

Non c’erano solo la sobrietà e l’austerità nell’arredo a unire i palazzi della Dc e del Pci. Ma

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy