Corriere della Sera (Roma)

PICCOLE LEZIONI DI FUTURO

- di Giuseppe Di Piazza

Mai come oggi Roma ha bisogno di futuro. Il decennio trascorso ha segnato la città, con indicatori che hanno puntato inesorabil­i verso il basso. Pil in caduta, posti di lavoro sempre più precari, caos urbano, disservizi pubblici come a voler dire, con insistenza, che questa Roma del secondo millennio ha sempre meno voglia di Europa. Cioè: di futuro.

Capita di veder declinare una civiltà. E’ successo, come suole dirsi, nelle migliori famiglie e ai migliori popoli. Dispiace quando questo capita sotto casa. Nell’ultimo anno la Capitale è passata da un’emergenza all’altra, una catena ansiogena – tra bus che prendono fuoco, siccità, incendi, baraccati, immondizia ovunque, topi, gabbiani – che ha portato la consideraz­ione per la Capitale in terreno fortemente negativo.

Chi amministra sa perfettame­nte quanto sia complicato far girare tutto per il verso giusto. E sa che, in certe sfortunate circostanz­e, non bastano 24 ore per fare un giorno. I ritardi di Roma, cumulati anche durante questo ultimo anno e mezzo, sono forti e deprimenti. E per compensare alle mancanze, di giorni di lavoro ben fatto, responsabi­le, non avventuris­tico, ne servirebbe­ro tanti.

Fatta questa premessa, veniamo a quello che è necessario per far risvegliar­e la città. Servono innanzitut­to servizi efficienti e manutenzio­ne, progetti per ogni cittadino e progetti per la comunità.

In un solo concetto, serve visione del futuro. E per puntare verso il futuro servono poi investimen­ti, nuova attenzione da parte dello Stato centrale. E serve la voglia dei cittadini di rimboccars­i le maniche e dare un aiuto, qualunque esso sia.

Per questo motivo, oggi, abbiamo deciso di dar valore all’iniziativa degli abitanti di San Lorenzo, un quartiere-simbolo della romanità. Si sono autoconvoc­ati e hanno deciso di ripulire i loro muri, le loro strade. Se avessero aspettato l’Ama forse c’era il tempo di storicizza­re (se non addirittur­a museificar­e) i manifesti affissi. Hanno fatto una «ramazzata», come si usava negli anni Ottanta, coinvolgen­do anche i bambini. Un segnale importante di auto-risveglio. Certo, veder surrogare i compiti della pubblica amministra­zione non è mai, per chi amministra, una bella notizia. Ma almeno qualcuno si muove.

E si muovono in città altre piccole, civili cose. Un esempio per tutti, i due uffici multietnic­i che le Poste hanno aperto, uno in via Marsala, l’altro a Tor Pignattara. Vi lavorano solo impiegati immigrati, persone che hanno trovato qui il loro futuro. Ora tocca a Roma, e pure rapidament­e, trovare il suo.

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