Corriere della Sera (Roma)

Nicolini, lui sì che aveva capito tutto

LUCA BERGAMO: IL CAPODANNO, LO SPETTACOLO, LA CULTURA

- Di Emilia Costantini e Sergio Rizzo

Luca Bergamo spiega il Capodanno senza concerto con i dati dell’Eurobarome­tro: «A Roma un cittadino su due non si fida del prossimo». Terribile. Ma che c’entra questo con il primo dell’anno sui ponti? «Chi c’è stato ha vissuto una situazione che mancava da tantissimo tempo. Ha visto una città che riconquist­a lo spazio fisico come luogo di socializza­zione attraverso la cultura».

Al prezzo di 500 mila euro, se non andiamo errati. Con quei soldi si poteva fare un fior di concerto, no?

«Eccome. Ma quando fai il concerto al Circo Massimo, il Circo Massimo scompare, perché guardi il palco»

Non è una buona ragione per non fare i concerti.

«Quelli si continuera­nno a fare ma quello di cui ha bisogno oggi la città è interpreta­re la vita culturale come ricostruzi­one dei rapporti sociali».

E un concerto secondo lei non è questo. Eppure i rapporti sociali di intere generazion­i si sono saldate grazie ai concerti rock, ancor prima di Woodstock.

«Renato Nicolini si inventò l’estate romana nel ‘77 perché con il clima plumbeo prodotto dalle manifestaz­ioni dei sabati si era perduto il senso dello spazio pubblico». Abbiamo capito. Dobbiamo forse aspettarci un’estate romana alla Nicolini?

«Non voglio una replica di quell’esperienza, ma c’è un concetto fondamenta­le da tener presente. La partecipaz­ione alla vita culturale sta nell’articolo 27 della dichiarazi­one dei diritti umani perché è uno strumento di emancipazi­one umana. Non è un veicolo per passare il tempo libero e basta. Noi oggi abbiamo il problema di una società che è molto più disgregata rispetto ad allora. In cui la riconquist­a degli spazi pubblici non può essere limitata agli spazi centrali. Il che non significa perdersi, ma cominciare a percorrere questa via. L’esito delle feste di Capodanno dimostra che questa strada è percorribi­le».

Ci spieghi l’arcano. Perché chiamare l’assessorat­o alla «Crescita culturale?»

«Perché crescita culturale vuol dire dotare ciascuno degli strumenti necessari per essere cittadino in una società che cambia. C’è bisogno di ricostruir­e un modello di sviluppo con paradigmi basati su competenze

Quando fai il concerto al Circo Massimo, il Circo Massimo scompare, perché guardi soltanto il palco. Oggi la città ha bisogno di ricostruir­e i rapporti sociali

culturali mai implementa­te negli anni passati».

Scendiamo sulla terra. Dove prende i soldi perché queste non restino soltanto belle parole?

«Il problema esiste. Ma ora più del denaro mi preoccupa francament­e l’imbragatur­a delle norme. Roma ha un immenso potenziale di attrazione di risorse private che fa fatica a dispiegare anche perché ogni volta resti incastrato per secoli in impicci amministra­tivi, regolament­i bizantini, microconfl­itti. Metteteci anche il fatto che la città non ha avuto per un periodo lunghissim­o una strategia di sviluppo chiara…»

Ne sa qualcosa il mecenate giapponese che voleva contribuir­e al restauro della piramide Cestia. Per mesi non ha saputo a chi dare i soldi.

«Quando entri ai Fori e c’è un cancello in mezzo, e devi pagare due biglietti, è come se fossimo vittime di una coazione a legarci mani e piedi da soli. Sarei felice se ne potessimo uscire. Perché se ne può uscire».

Piuttosto ottimista, vicesindac­o. Ma torniamo ai soldi.

«Intanto bisogna impiegarli molto meglio. Qui sono stati spesi in modo vergognoso. La giunta Raggi ha appena riconosciu­to 113 milioni di debiti fuori bilancio che galleggiav­ano dal 2008. Questo Comune ha una storia di gestione indecorosa della spesa pubblica. Ma da lì se ne può venir fuori solo un poco alla volta».

Il Teatro Stabile della Capitale ha risorse di gran lunga inferiori, per esempio, a quelle che vengono erogate al Piccolo Teatro di Milano. Risorse che sono molto inferiori anche a quelle assegnate al Teatro dell’Opera (15 milioni). Non è una situazione un

poco sbilanciat­a?

«Si deve riequilibr­are, ma occorre trovare la strada giusta per farlo. Con il Teatro di Roma stiamo facendo, insieme al direttore Antonio Calbi, un lavoro serio. Non si tratta di investire maggiori risorse, ma di affidare allo Stabile il compito di coordinare altre realtà teatrali, e cioè i teatri di cintura, il Teatro Torlonia e anche un supporto al Globe Theatre, pur rispettand­o l’autonomia delle varie direzioni artistiche. È una distribuzi­one diversa, non un aumento del budget. Per creare sinergie in una logica di sistema omogeneo. Insomma, lo Stabile ha il compito di aprirsi sempre di più verso l’esterno e di essere meno centralizz­ato su di sé».

E del Teatro India che ne facciamo? Ci sono capannoni abbandonat­i e poi manca il parcheggio, un bar, una linea di autobus...

«Vero. Se per il rifaciment­o delle poltrone all’Argentina stiamo valutando di coinvolger­e sponsor privati, anche l’India, dove Calbi sta svolgendo una programmaz­ione intelligen­te, ha una parte da ristruttur­are, una linea di mezzi pubblici morta... Quel teatro ha un valore incredibil­e, perché risponde a una domanda culturale in un territorio che ne è sprovvisto. Spero che nell’arco della stagione 2018-19, l’India torni a essere un polo teatrale ben vissuto dal pubblico. Ci vogliono soldi».

Per la prima volta è stato pubblicato un bando per il consiglio di amministra­zione del Teatro di Roma. Qualcuno sospetta che serva a far saltare il presidente Marino Sinibaldi.

«Macché. Il consiglio scade il 13 gennaio. Se vuole, Sinibaldi può ripresenta­re la propria candidatur­a. Ma da ora in poi si è deciso che per gli enti partecipat­i si procederà sempre con bandi pubblici».

E con quali criteri saranno scelti i vertici futuri?

«Grande autorevole­zza. Ma soprattutt­o che non si mettano in conflitto con la direzione artistica, uno dei problemi che spesso si verifica».

Lei aveva preso anche l’impegno di riaprire quanto prima il Teatro Valle. Uno scandalo che va avanti da cinque anni: tre di occupazion­e e due di chiusura totale.

«Ci troviamo in una prima fase che consiste nella valutazion­e dello stato di fatto, dunque, quali i lavori da fare e quali di questi sono vincolanti per un uso, sia pure parziale, del Teatro. In questa fase, che durerà circa cinque mesi, abbiamo la possibilit­à di fare una manutenzio­ne ordinaria, che spero ci possa consentire una riapertura. Poi faremo la gara per i lavori più importanti: la parte più delicata, per esempio, è la messa a norma antincendi­o, ma ci sono anche altri problemi...».

Non avevamo dubbi. Sempre la stessa storia della burocrazia, no?

«I cambiament­i delle norme di sicurezza spesso si scontrano con la struttura di un teatro storico come quello di cui stiamo parlando».

Il commissari­o Tronca aveva già affidato anche il Valle al Teatro di Roma.

«In questa fase la questione della direzione artistica ancora non si pone. Comunque fra una gestione pubblica e una privata scelgo senz’altro la prima. Quale poi sia il modello di gestione e la sostenibil­ità economica è da verificare, perché dipende pure da quanto pubblico, dopo il definitivo restauro a norma, il Valle potrà ospitare».

Ma le spine dei teatri romani non finiscono qui. Il direttore dell’Eliseo, Luca Barbaresch­i, l’accusa di boicottagg­io: dice che deve avere ancora un bel po’ di quattrini da Comune e Regione.

«L’Eliseo ha già ricevuto 600 mila dallo Stato. Il Comune ha già stanziato in bilancio mi pare 102 mila euro, una cifra che però era subordinat­a all’approvazio­ne del Fus, che è avvenuta di recente. Barbaresch­i può stare tranquillo: il contributo verrà erogato a breve. Fossero solo questi i problemi... Se penso alle Scuderie del Quirinale....». Le brucia ancora, vero? «Se negassi mentirei. La decisione del Quirinale di toglierci la gestione per darlo ai Beni culturali è un bello schiaffo che abbiamo preso ancor prima di arrivare».

Non si finisce mai di imparare. Con Franceschi­ni perdete sempre: prima le Scuderie, poi il Colosseo...

«No comment».

Ostiense Al Teatro India ci sono capannoni in disuso e poi mancano i parcheggi, un bar, una linea di autobus Estate romana Non voglio replicare l’esperienza di Nicolini. La società oggi è più disgregata che in passato

 ??  ?? Festa Il Circo Massimo durante la notte di San Silvestro del 2016. In alto, il vicesindac­o e assessore alla Crescita culturale Luca Bergamo
Festa Il Circo Massimo durante la notte di San Silvestro del 2016. In alto, il vicesindac­o e assessore alla Crescita culturale Luca Bergamo
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