Corriere della Sera (Milano)

«Il palco mi fa stare bene»

Il cantautore Motta in concerto al Carroponte

- di Raffaella Oliva a pagina 14

«Una botta incredibil­e». Motta descrive così l’emozione che lo ha travolto al ritorno sul palco dopo quasi due anni. «Ho iniziato a fare concerti a 18 anni, non mi era mai successo di smettere per così tanto, suonare dal vivo è indispensa­bile per la mia salute mentale», dice il cantautore toscano, stasera al Carroponte con il nuovo disco «Semplice», uscito a fine aprile e coprodotto da Taketo Gohara: una miscela di pop cantautora­le e rock impreziosi­ta dagli archi e non priva di chitarre acide e punte di psichedeli­a. Per il 34enne oggi di stanza a Roma, dove vive con la moglie, attrice Carolina Crescentin­i, è la terza prova solista dopo la gavetta con i Criminal Jokers e altri due album a suo nome, «La fine dei vent’anni» e «Vivere o morire», entrambi premiati con la Targa Tenco. «Questa volta ero nella cinquina dei finalisti, non ho vinto, ma va bene così, non amo la competizio­ne né credo all’oggettivit­à dei premi, benché inorgoglis­cano. L’importante è che si valorizzi l’impegno di chi fa musica in modo libero e personale, senza scopiazzar­e male quello che fanno all’estero».

Il tono è quello di chi è determinat­o a costruirsi un percorso che duri nel tempo. Anche muovendosi su più fronti: nel 2020 Francesco Motta ha pubblicato il libro «Vivere la musica» (Il Saggiatore), mentre è ora nelle sale «La terra dei figli» di Claudio Cupellini, film di cui ha composto le musiche. «Lavorare per il cinema è un modo per fare musica senza stare sotto ai riflettori, che male non fa, serve a ridimensio­narsi», spiega il 34enne, già autore di altre colonne sonore, per esempio per l’horror «Letto N. 6» di Milena Cocozza (2019). «In più permette di esplorare un linguaggio che non necessaria­mente deve essere capito da un pubblico italiano. Nel 2013 ho frequentat­o un corso di Composizio­ne per Film presso il Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia di Roma: mi è stato utile per cogliere le dinamiche di un mestiere affine, ma diverso dallo di scrivere canzoni». E a proposito di soundtrack: «Una delle mie preferite, che mi ha ispirato per “Roma stasera” e il mio lato sonoro più aggressivo, l’ha scritta Cristobal Tapia de Veer per la serie tv britannica “Utopia”», confida Motta. Che per la sua attività di cantautore ritiene determinan­te il mini tour organizzat­o nel 2018 con Les Filles de Illighadad, gruppo femminile provenient­e da un piccolo villaggio del Niger e capitanato dalla chitarrist­a

Tuareg Fatou Seidi Ghali. «Ricordo che alle prove, io e la mia band tentavamo di imitare il loro stile, ma non ne scaturiva nulla. È solo quando ciascuno si è messo a fare il proprio che dall’incontro di due mondi differenti è scattata la magia necessaria a dar vita a un altro mondo ancora, nuovo e unico. Ho capito così quanto l’integrazio­ne abbia bisogno di azioni, più che di parole, e di una mentalità disposta a viaggiare. Anche metaforica­mente, mettendosi in gioco, aprendosi alla sensazione di vertigine che la scoperta di ciò che è distante da noi può trasmetter­e».

Il cinema

«Mi piace scrivere colonne sonore: è un modo di fare musica lontano dai riflettori»

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 ?? (foto G. Acerboni) ?? Eclettico Francesco Motta, in arte Motta, 34 anni. Stasera al Carroponte presenterà l’album «Semplice»
(foto G. Acerboni) Eclettico Francesco Motta, in arte Motta, 34 anni. Stasera al Carroponte presenterà l’album «Semplice»

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