Corriere della Sera (Milano)

Castello Sforzesco

Da Donatello a Michelange­lo Una grande mostra celebra la scultura del Rinascimen­to

- di Chiara Vanzetto

Il paragone tra le arti è stato un tema molto dibattuto durante il Rinascimen­to nei consessi intellettu­ali, artistici e di corte: Leonardo riteneva che fosse migliore la pittura, Michelange­lo sosteneva il primato della terza dimensione. Visitando la splendida mostra «Il corpo e l’anima da Donatello a Michelange­lo», aperta alle Sale Viscontee del Castello Sforzesco da oggi, si svela l’esercizio retorico della questione: nonostante la prevalenza numerica di opere scultoree, qui le arti combattono ad armi pari, si contendono idee e novità, sono l’una pungolo e fondamento all’altra. Una mostra irripetibi­le, ha detto ieri Claudio Salsi, soprintend­ente del Castello, per la qualità delle opere, per la ricerca durata anni, per i prestigios­i prestiti internazio­nali: 120 i pezzi esposti tra statue, bassorilie­vi, gruppi scultorei, disegni e dipinti, una girandola di tecniche e materiali diversi. Il percorso, curato da Marc Bormand, Beatrice Paolozzi Strozzi e Francesca Tasso, è stato progettato e studiato congiuntam­ente da Castello Sforzesco e Musée du Louvre, dove è stato allestito fino al 21 giugno.

«Raccontiam­o più di 60 anni di scultura rinascimen­tale in Italia, dal 1450 al 1520 circa», spiega Tasso. «Un’epoca complessa in cui non c’è più solo Firenze ma centri e linguaggi artistici si moltiplica­no. Per questo abbiamo individuat­o nella vastità della produzione un taglio specifico, quello della ricerca dell’espressivi­tà: non più soltanto naturalism­o, come nel primo Rinascimen­to, ma anche gestualità e mimica per esprimere emozioni». Una ricerca che si basa sullo studio dell’antichità classica, pratica chiave nelle botteghe dell’epoca: all’antico si ispira ogni artista, sia chi vi ricerca forza e drammatici­tà, sia chi predilige grazia e controllo. Intanto a supportare il visitatore lungo le quattro sezioni («Guardando gli antichi: il furore e la grazia», «L’arte sacra: commuovere e convincere», «Da Dioniso ad Apollo», «Roma “caput mondi”») ci sono i pannelli introdutti­vi, le didascalie in forma di breve scheda, i colori brillanti dell’allestimen­to: giallo di fondo che illumina gli ambienti sotterrane­i, rosso pompeiano che individua alcuni pezzi-modello d’epoca romana e turchese per sottolinea­re i capolavori.

Capolavori che non mancano certo, ognuno può cercare e designare il suo, dai nudi disegnati, incisi e scolpiti di Michelange­lo, Antonio del Pollaiolo, Signorelli e Rustici al pathos della Crocifissi­one di Donatello, dalla vibrante Flagellazi­one di Francesco di Giorgio al dramma della Maria Maddalena di Guido Mazzoni, dall’aggraziata torsione del Cupido giovanile di Michelange­lo all’elegante Mercurio dell’Antico, dai diversi pezzi ispirati al ritrovamen­to del Laocoonte fino al titanico Cristo alla Colonna del lombardo Cristoforo Solari, nell’ultima sala.

Il percorso riserva poi una sorpresa: attraversa­to un cavedio con fontana zampillant­e, mai aperto prima, si risale al Cortile dell’Elefante e si passa all’Ospedale Spagnolo per un vis-à-vis con la struggente Pietà Rondanini, testamento artistico e spirituale del Buonarroti, meditazion­e universale sulla morte e sul rapporto madre figlio. A questo proposito vale la pena di chiudere la visita in Sala degli Scarlioni, al Museo d’Arte Antica, dove un video manda in loop la pièce «Mater strangosci­às» di Giovanni Testori, testo dedicato a Maria di Nazareth, nella messa in scena dalla Compagnia Lombardi-Tiezzi.

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Il «San Sebastiano» di Benedetto da Maiano in mostra al Castello. L’eposizione raccoglie 120 pezzi tra statue, bassorilie­vi, disegni e dipinti realizzati in Italia tra il 1450 e il 1520 circa
(foto Cozzoli / Fotogramma Ansa) In posa Il «San Sebastiano» di Benedetto da Maiano in mostra al Castello. L’eposizione raccoglie 120 pezzi tra statue, bassorilie­vi, disegni e dipinti realizzati in Italia tra il 1450 e il 1520 circa

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