L’anno terribile dei piccoli eroi
Un anno fa il sequestro sull’autobus a San Donato. Ora per i ragazzi di Crema c’è la quarantena.
Non potranno mai dimenticare la primavera dei loro 12 anni. Gli ultimi mesi della seconda media furono qualcosa di residuale rispetto a quanto era ne i loro pensieri e agitava i loro giovani cuori La scuola era passata di colpo in secondo piano dopo che, attorno alle 11 del 20 marzo, 50 di loro furono sequestrati a bordo del pullman che doveva condurli in palestra. Il conducente Ousseynou Sy minacciò il peggio, li tenne prigionieri insieme a due insegnanti e a una bidella, cosparse il veicolo di benzina, sequestrò i cellulari. E fu proprio grazie alle mosse scaltre e coordinate di alcuni di loro se i soccorsi scattarono rapidamente. Finì tutto bene, ma lo spavento fu di quelli che lasciano il segno. Dodici mesi dopo, nella primavera dei 13 anni e della terza media, quei ragazzi — al pari di milioni di altri in tutta Italia — sono di nuovo travolti da qualcosa di più grande di loro. La scuola è di nuovo uno sfondo sfocato delle loro giornate e l’esperienza forte di questa quarantena si somma a quella di un anno fa. «Si tratta però di traumi diversi e non necessariamente questo secondo momento pesa su di loro più che su altri — spiegano Vannia Bignamini e Federica Frosi, le psicoterapeute specialiste di Emdr (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) che hanno seguito i ragazzi cremaschi reduci dal dirottamento del pullman —. Come per tutti, la quarantena che può innescare disturbi dell’umore, irritabilità, ansia, disturbi alimentari o del sonno. Ma questi ragazzi hanno seguito un percorso di sostegno psicologico importante — sottolineano le terapeute — hanno maturato risorse per reagire». In tempi di virus, il pericolo potrebbe arrivare, semmai, dalle ansie dei genitori. Altrimenti, tutto sommato, anche se mancano i contatti con i coetanei e il riferimento della scuola, «la casa è pur sempre un luogo sicuro». Sembra tranquillo Adam, uno del gruppetto di piccoli «eroi» al quale è stata riconosciuta la cittadinanza italiana. «Ha mostrato preoccupazione vera soltanto in un momento — racconta la mamma Hasnaa, sempre attenta a ogni sfumatura —: quando ha saputo delle rivolte nelle carceri ha avuto paura che il dirottatore uscisse e tornasse a vendicarsi». Per il resto il ragazzino cresce a vista d’occhio e studia come può, in collegamento con la scuola. Anche se, il papà — bloccato da fine febbraio in Germania dove si era trasferito per lavorare in edilizia — fa notare che «a volte si arrabbia per niente, quella rabbia ce l’ha ancora addosso». Anche la mamma di una ragazzina che, un anno fa, era parsa molto provata dal trauma del sequestro descrive una situazione rassicurante: «All’inizio era un po’ turbata dall’obbligo di stare in casa, poi ha cominciato a vedere i lati positivi». E, oltre al lavoro psicologico svolto e oltre al fatto che anche i genitori lavorano da casa, c’è un dettaglio che potrebbe aver contribuito a rasserenarla: «Non si parla più del fatto del bus, mentre prima, con le udienze del processo, era inevitabile tornare sull’argomento». Ma c’è un ma: «Sotto il profilo scolastico è stato un anno molto particolare. Quando per l’emergenza sanitaria hanno deciso di chiudere le scuole, noi ci siamo preoccupati». Lo conferma la mamma di Sonia: «Lei stessa ha confessato: “Non avrei mai pensato di dirlo; ma mi sono resa conto che mi manca la scuola”. E io mi preoccupo perché non hanno avuto continuità lo scorso anno, non l’hanno ora. Se per due anni di fila non fai il secondo quadrimestre rischi qualche lacuna».
Ma Stefania Bonaldi, sindaco di Crema che ha seguito da vicino i ragazzi della scuola Vailati, è convinta che la loro capacità di reagire sia ormai collaudata: «Lo spirito di solidarietà che hanno mostrato in quei momenti drammatici è un insegnamento che vale anche ora e per il futuro».
Le paure
«Con le rivolte in carcere per i contagi il sequestratore ora uscirà per vendicarsi?»