Condannati i saluti fascisti al Campo X
La Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza che in primo grado aveva assolto quattro imputati per i saluti fascisti durante la manifestazione promossa da 300 aderenti alla formazione di estrema destra «Lealtà e azione» nel Campo X del Cimitero maggiore il 25 aprile 2016. I giudici d’Appello, accogliendo il ricorso del pm, hanno condannato i quattro a un mese e dieci giorni per violazione (senza sospensione condizionale) della legge del 1993 (detta Legge Mancino), in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Gli imputati ricorreranno ora in Cassazione.
Una sentenza di Corte d’Appello interrompe, ribaltandola, la recente catena di assoluzioni per manifestazioni fasciste come la commemorazione dei caduti della Repubblica Sociale Italiana promossa da 300 aderenti all’associazione di estrema destra «Lealtà Azione» al Campo X del Cimitero Maggiore il 25 aprile del 2016.
In primo grado la Procura aveva contestato la violazione della «legge Mancino» del 1993 che punisce «le manifestazioni esteriori e l’ostentazione di simboli propri o usuali delle organizzazioni» richiamate dalla legge che nel 1975 attuò la Convenzione di New York del 1965 appunto contro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico.
Ma i quattro imputati (i soli identificati), tutti difesi dall’avvocato Antonio Radaelli, erano stati assolti dalla sentenza dell’VIII sezione Tribuche, nale, con una motivazione nella quale il giudice Andrea Nosenzo aveva riqualificato il fatto come eventualmente violazione della «legge Scelba» del 1952 sul disciolto Partito Fascista, ma nel contempo aveva escluso che quel tipo di commemorazione di defunti avesse i requisiti di finalità e di concreto pericolo di ricostituzione del disciolto Partito Fascista.
Ieri, invece, i giudici Ichino-Curami-Arnaldi della V Corte d’Appello hanno accolto il ricorso del pm Piero Basilone e condannato i quattro imputati a un mese e dieci giorni (senza sospensione condizionale) per violazione appunto della legge del 1993 (cosiddetta Mancino) in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
In attesa delle motivazioni, è immaginabile che il percorso logico della sentenza sia anche quando una manifestazione fascista non è in concreto idonea (per l’ambiente o il momento in cui è compiuta) a provocare adesioni alla ricostituzione di organizzazioni fasciste, essa può però violare la «legge Mancino» se ostenta simboli di un’organizzazione (come il disciolto Partito Fascista) che incontrovertibilmente rientrino tra quelle fotografate dalla legge del 1975. E appunto questo sarebbe stato il caso della cerimonia del 2106 al Cimitero Maggiore a causa dell’ostentazione della bandiera della Repubblica di Salò, della «chiamata del presente», e del «saluto romano».
Gli imputati ricorreranno ora in Cassazione, che così avrà l’occasione per tornare a fare il punto sulla giurisprudenza in materia.