CON LA SPRANGA TRA I PASSANTI LA PAURA MINA LA TOLLERANZA
La tragedia maggiore di giovedì mattina, del treno di pendolari deragliato a Pioltello che ha provocato la morte di tre sfortunatissime passeggere e il ferimento di altri numerosi, ha in un certo senso fatto finire in secondo piano, quasi dimenticata, quella minore di martedì sera. Minore perché di morti, miracolosamente, almeno per il momento non ce ne sono stati, e tuttavia tale da indurre non poco allarme.
È il caso del cittadino camerunense che alla fermata del tram, all’angolo tra via Sabotino e via Ripamonti, ha aggredito con una spranga di ferro trovata per terra da qualche parte — rompendogli la testa in più punti — un giovane immigrato serbo, scelto a caso tra i passanti, mai visto prima, ora ricoverato in condizioni gravi all’ospedale. Salvo — speriamo — solo perché qualcuno è intervenuto per fermarlo e perché qualcun altro ha chiamato le forze dell’ordine.
Ne scrive la lettrice Adriana Zoppis che vive poco lontano da lì ed è per l’appunto allarmata. «Io quel tipo fortunatamente
L’aggressore di via Sabotino era noto e andava fermato Episodi come questo allarmano il quartiere, e non solo
non l’ho mai incontrato ma mi trovo spesso anch’io alla fermata del tram dove è successo il fatto di sangue. Insomma poteva toccare a me quel che è toccato a quel poveretto e a quest’ora avrei potuto essere mezza morta in ospedale.
Non vorrei che l’episodio venisse presto dimenticato magari per il fatto che la vittima è a sua volta un immigrato. Penso male? Ma c’è una cosa che mi domando: leggo sul giornale che quel tipo era un abituale sprangatore di macchine in zona Ripamonti. Ebbene, non era il caso di fermarlo? Un vandalizzatore di automobili se la passa liscia così? Le sue imprese non vengono considerate in qualche modo pericolose? Poteva andare a finire come con Adam Kabobo che nel 2013 di persone ne ha ammazzate in strada tre, scelte a caso.
Quel che penso io lo pensano in molti qui nel quartiere dove abito». Sì, poteva in effetto andare a finire come con Kabobo in quella tragica mattina di maggio. E il particolare rimarcato dalla signora Zoppis, che Franklin Njuakeh era noto per vandalizzare auto in zona, non sembra così secondario e suscita la stessa domanda sua: non andava fermato? Comprensibile il senso di insicurezza che un episodio del genere diffonde, e non soltanto nel quartiere in cui è accaduto.
Anche chi accetta con pazienza, filosofia e massima buona volontà la trasformazione di molte aree della città in seguito alle grandi ondate di immigrazione accolte a Milano, è invogliato — e facilitato — a cambiare la sua disponibilità d’animo. Né sarà per lui di alcuna consolazione apprendere che, con tutta probabilità, l’aggressore ha parziale incapacità di intendere e di volere, perché si sa che in tal caso, per mancanza di strutture adatte, non è affatto detto che finisca in un luogo dove possa essere custodito e curato.