Dubbi e divisioni tra i sindacati Tutti in ordine sparso
La più interessata è la Uil, che sul tema ha organizzato persino un doppio incontro con Roberto Maroni e Giorgio Gori. Posizione prevalente: un sì «ragionato». La Cgil è invece attraversata da tutti gli orientamenti possibili e di fatto ha
Lattuada Siamo per il voto ma questo referendum non cambierà nulla
scelto una posizione di compromesso tra la difesa del valore del voto (niente campagna per l’astensione) e la critica nel merito («un referendum inutile»); defilata la Cisl, la confederazione meno coinvolta nel dibattito.
L’autonomismo regionale divide il mondo del lavoro e i sindacati, sigle, categorie, dirigenti. Risultato: dalla «triplice» nessuna indicazione di voto ufficiale a iscritti e delegati. «Noi siamo per la partecipazione e per la difesa del voto», spiega Elena Lattuada a nome della Cgil regionale. «Nel merito però siamo convinti che questo referendum non cambierà nulla». «Come mi comporterò io? Andro ai seggi e mi esprimerò. Non so se sceglierò il no o la scheda bianca». La confederazione storicamente piu vicina alla sinistra racchiude sul tema umori diversissimi. Tanti dirigenti non andranno alle urne, altri voteranno sì sulla falsariga dei sindaci, come Beppe Sala e Giorgio Gori, schierati per il «regionalismo differenziato». Il segretario lombardo della Uil Danilo Margaritella è per il sì, ma con le stesse «avvertenze» espresse dagli amministratori del Pd. «Il regionalismo responsabile è un tema importante anche per il mondo del lavoro. E noi crediamo che l’autonomia sia di per sé un valore». La Cisl, infine. Posizione «articolata» anche nel sindacato cattolico. Il segretario milanese Danilo Galvagni domenica non si presenterà ai tablet di voto. «Ma i nostri iscritti in maggioranza probabilmente ci andranno e voteranno pure sì». «Cosa non ci convince? I soldi spesi per la consultazione e l’aria di populismo che si respira intorno a questi temi».