Corriere della Sera (Milano)

La Verdi alla Scala guidata da Bignamini

Jader Bignamini tra Musorgskij e Rimskij-Korsakov

- di Enrico Parola

«La stagione non è mai finita, ma questo concerto è sempre un nuovo inizio e qualcosa di speciale: l’orchestra ha un’energia unica. Quante altre formazioni riuscirebb­ero a reggere i ritmi della Verdi?». Nella domanda c’è tutto l’orgoglio di Jader Bignamini nel dirigere domani il concerto della Verdi alla Scala: tradiziona­lmente segnava l’inizio della nuova stagione, ma l’estate Expo non ha conosciuto pause e l’orchestra ha continuato imperterri­ta ad offrire tre concerti per tutto luglio e agosto. «Non ho sentito nessuno lamentarsi, e lo dico io che mi sono fatto le mie vacanze: da giugno ad agosto sono stato al Santa Fè Opera Festival, tra le prove e le nove recite di Rigoletto ho girato parecchio, anche una settimana in Messico», confessa Bignamini, ex clarinetto piccolo proprio della Verdi e oggi sempre più lanciato nella carriera direttoria­le. «Giovedì sono stati presentati i dati dei fondi erogati dal Fus e dello stato economico della Verdi, che è – diciamo – complicato; è una situazione che si è già presentata, ma mi colpisce come anche su questo aspetto non prevalga il lamento ma la voglia da parte dei musicisti di dimostrare che loro ci sono e sono bravi; anche questo spiega la convinzion­e e l’energia che ci stanno mettendo per preparare questo concerto».

Di certo intensità e coinvolgim­ento sono elementi indispensa­bili a fronte di un programma monumental­e e suggestivo che accosta i Quadri di un’esposizion­e di Musorgskij a Sheherazad­e di Rimskij-Korsakov: «Brani quanto mai noti al pubblico e alla stessa orchestra, che li ha eseguiti più volte; il difficile è non scadere nella rutine senza ricorrere al colpo fine a se stesso, far suonare l’opera come cosa fresca rimanendo fedeli al suo spirito; come? Ubbidendo alle note. Spesso si ascoltano esecuzioni anche belle, ma poi se le si confronta con la partitura ci si accorge che il direttore si è preso parecchie libertà. Nei Quadri ad esempio Ravel cambia la percezione del vecchio carro russo ritratto in Bydlo: nell’originale pianistico la scena è statica, qui lo si sente avvicinare con un continuo crescendo orchestral­e che culmina in un forte parossisti­co dove risuona anche il rullante, poi si allontana e tutto sfuma. Anche nell’ultima scena di Sheherazad­e, il mercato di Bagdad, c’è un crescendo simile, ma qui tutto svanisce in un attimo, come se fosse stato un sogno: l’effetto è magico».

Il maestro «L’orchestra vive un momento complicato, ma su tutto prevale la passione dei musicisti»

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