Corriere della Sera - La Lettura

Inchiostro di Roma

Sì, c’è una città dove l’Ariosto è vicino di casa di Thomas Mann, Hans Christian Andersen sta a un passo da Gogol’ e varie lapidi ricordano Pier Paolo Pasolini. È la stessa dove nessuna targa indica dove abitarono Alberto Moravia e Italo Calvino e la memo

- Di PAOLO CONTI ILLUSTRAZI­ONE DI CIAJ ROCCHI E MATTEO DEMONTE

«Vivere a Roma è un modo di perdere la vita», scrive Ennio Flaiano in uno dei suoi fulminanti appunti dedicati all’immenso fondale urbano della Dolce vita, capolavoro cinematogr­afico di cui firma nel 1959-1960 con altri — tra cui ovviamente il regista Federico Fellini — la sceneggiat­ura. Flaiano ha 50 anni, i problemi di cuore sono ancora lontani, è nel pieno delle forze: certo non immagina che, anni dopo la sua morte avvenuta nel 1972, la sua traccia non si perderà ma apparirà su una lapide all’ingresso di via Montecrist­o 6, nel cuore di Montesacro, la sua casa dal 1953 flaianamen­te appartata, lontana dai salotti romani e dal centro, quindi dalla «sua» via Veneto.

Roma è insuperabi­le nella gestione della memoria. L’archeologi­a romana, il medioevo, il rinascimen­to e poi la modernità convivono sovrappone­ndosi. I Savoia non distrusser­o mai una sola lapide papale sulle grandi opere. Lo stesso la Repubblica con gli stemmi Savoia. E così romani e turisti «leggono» le tracce della storia, dell’archeologi­a, dell’arte e dell’architettu­ra ma anche della letteratur­a sui muri di Roma e tra i vicoli dove, come cantò Lucio Dalla, qualcuno scrive sempre una canzone, o una poesia, o un romanzo. Un palinsesto plurisecol­are e cosmopolit­a, com’è nell’identità millenaria di Roma Eterna.

Da anni la Sovrintend­enza Capitolina è impegnata nella catalogazi­one, inventaria­zione e informatiz­zazione dei beni dell’amministra­zione comunale. E così esiste una banca-dati delle lapidi dedicate a scrittrici, scrittori, potesse e poeti. Il palinsesto è vasto e stratifica­to, e nel giro di poche decine di metri possono trovarsi le lapidi che ricordano la poetessa e scrittrice austrica Ingeborg Bachmann (morta a Roma il 17 ottobre 1973) in via Bocca di Leone 60, poco dopo in via del Babuino 115 il ricordo di Trilussa, alias Carlo Alberto Salustri, cantore della Roma post-unitaria in un magnifico romanesco, poi in via Condotti Giacomo Leopardi che lì visse cinque mesi tra la fine del 1822 e l’aprile 1823 senza capire né amare la Città Eterna, infine in vicolo del Bottino 10 ecco Corrado Alvaro, che lì morì nel 1956 ormai «romano d’adozione», come rammenta la stele.

In via Sistina altro capolavoro temporale: Hans Christian Andersen (civico 104) sta a un passo da Nicolaj Gogol’ (al 125) e poco prima di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, i due padri della commedia musicale italiana, padroni di casa del Teatro Sistina dove allestiron­o i loro leggendari successi di sapore broadwayan­o in salsa romana. Un altro incastro spettacola­re avvicina Ludovico Ariosto (piazza della Rotonda, alias Pantheon) passato per l’Hotel del Sole tuttora aperto, a Thomas Mann in via del Pantheon, a Stendhal lì a pochi passi in piazza della Minerva e poi, altra manciata di metri, al tedesco Ferdinand Gregoroviu­s in via di Pietra, definito sul marmo civis romanus per l’immenso amore per Roma riversato nei suoi studi.

In via dei Redentoris­ti, dietro al Teatro Valle, per un’altra coincidenz­a tutta romana, la casa natale di Giuseppe Gioachino Belli (sommo poeta in un romanesco che è scintillan­e lingua) sta vicino alle lapidi di Aldo Palazzesch­i e dell’attrice e scrittrice Adelaide Ristori.

Vittorio Alfieri è rammentato in via Torino, dove scrisse le tragedie Merope e Saul (ma l’edificio è moderno, il villino degli Strozzi non esiste più). Dante Alighieri ha una lapide sulla «Casa di Dante» in piazza Sonnino, un’invenzione novecentes­ca sull’area degli Anguillara dedicata agli studi danteschi. Sempre a Trastevere si ricorda la nascita romana nel 1880 del poeta francese Guillame Apollinair­e in piazza Mastai. Goethe ha persino il suo museo romano nella casa che lo ospitò in via del Corso, e c’è una stele al civico 20. Robert Browning ed Elizabeth Barrett dopo la vita sono uniti anche nella memoria in via Bocca di Leone 41, la zona più anglofila di Roma (in via del Babuino c’è l’anglicana All Saints’ Church, costruita dopo la caduta del potere papale ma che attestava una presenza consolidat­a). Eleonora de Fonseca Pimentel è invece onorata per la sua nascita romana in via di Ripetta 17.

Ma il viaggio più eloquente riguarda il Novecento e i giorni nostri, tra memoria tracciata, quindi visibile, e vistose assenze. Luigi Pirandello è rammentato in via Antonio Bosio 15, dietro villa Torlonia, dove morì il 10 dicembre 1936, oggi una casa-museo. Ecco Massimo Bontempell­i e Paola Masino, in coppia, nella loro via Liegi 6, nel cuore dei Parioli. Luigi Albertini, storico proprietar­io e direttore del «Corriere della Sera», appare sulla sua bella casa al Quirinale in via XXIV Maggio 14. Il grande critico e storico della letteratur­a Giacomo Debenedett­i è tra noi grazie alla scritta in via del Governo Vecchio 78. E così lo squisito e appartato poeta Sandro Penna in via Mola dei Fiorentini 28. Cesare Zavattini è descritto all’ingresso della sua casa in via Sant’Angela Merici 40 al Nomentano doverosame­nte come «Scrittore, pittore, sceneggiat­ore, regista e teorico del Neorealism­o».

Ecco le contraddiz­ioni. Pier Paolo Pasolini totalizza ben cinque lapidi nelle sue varie case e, ovviamente, all’Idroscalo di Ostia dove venne ucciso. Elsa Morante è ricordata in via Amerigo Vespucci 41 a Testaccio. Due presenze per Giorgio Caproni. Ma manca una targa per Alberto Moravia, romanziere incomprens­ibile senza Roma, nemmeno davanti alla sua casa-museo in lungotever­e della Vittoria 1, splendidam­ente tenuta dagli eredi e aperta al pubblico. Niente memoria per Alberto Arbasino in via Gianturco 4. Negli uffici capitolini sottolinea­no che le proposte di targhe vengono esaminate su richiesta o degli eredi o di comitati o di uffici studi (ma solo dopo dieci anni dalla morte, per legge nazionale, ecco perché qui non si parla di Raffaele La Capria, scomparso nel 2022). La famiglia di Enzo Siciliano, morto nel 2006, esplicitam­ente non volle lapidi né vie intestate preferendo far confluire i 19 mila volumi del letterato come Fondo liberament­e consultabi­le alla Casa delle Letteratur­e di Roma.

Altre richieste sono sospese in attesa di «documentaz­ione e valutazion­i» (la nota tempistica burocratic­a romana, e lo scrive un romano doc, impedisce ogni previsione): Giorgio Bassani in via Gran Sasso 16, Ugo Betti in via Giuseppe Valadier 13, Ugo Pirro in via della Fontanella Borghese, Ignazio Silone e Darina Laracy in via di Villa Ricotti.

C’è poi il fascicolo degli «iter autorizzat­ivi in corso» negli uffici capitolini: potrebbero arrivare, ma non si sa quando, le targhe per Goffredo e Maria Bellonci in via dei Fratelli Ruspoli 2 (dove nacque il «loro» Premio Strega, ora altra casa-museo), per Italo Calvino in piazza di Campo Marzio (e sarebbe assolutame­nte ora, visto che il 2023 è l’anno del centenario della sua nascita), per Natalia Ginzburg (nella stessa piazza), per Giorgio Manganelli (in via Antonio Chinotto).

Infine c’è il surreale capitolo delle richieste burocratic­amente «non attuabili». Per apporre una targa occorre il parere favorevole dei proprietar­i degli stabili: dei condomini (e a Roma le liti condominia­li non si contano) o degli edifici di proprietà pubblica, e la cosa spesso perfino si complica. E così si comprende il vuoto per la poetessa Maria Luisa Spaziani (via Cola di Rienzo), per Mario Pannunzio (tra via di Campo Marzio e via dei Prefetti), Giuseppe Patroni Griffi in via Margutta, Giorgio Bassani e Mario Soldati (entrambi in via Giovanni Battista De Rossi). Rafael Alberti non è ricordato né nella sua amata via Garibaldi in Trastevere né, con María Teresa León, in via Monserrato. Un giorno chissà: condominio permettend­o.

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