Corriere della Sera - La Lettura

Un pianeta di fantasmi. Siamo noi

Viaggi Sessant’anni fa uscì «Solaris» di Stanisław Lem, romanzo di fantascien­za che ha avuto fortuna anche al cinema (due volte) e a teatro. Ora lo sta provando a Genova Andrea De Rosa: «In realtà racconto la Terra, mistero in cui ci troviamo»

- Di LAURA ZANGARINI

Un’astronave, un viaggio, un pianeta alieno, Solaris. Reso popolare dal film di Andrej Tarkovskij (1932-1986), premio speciale della giuria al Festival di Cannes 1972, il romanzo di fantascien­za dello scrittore polacco Stanisław Lem, pubblicato nel 1961, è stato adattato per il palcosceni­co nel 2019 dal drammaturg­o scozzese David Greig — e messo in scena, nello stesso anno, dal regista australian­o Matthew Lutton a Melbourne ed Edimburgo.

Il richiamo dell’inconoscib­ile ha attirato nell’imperscrut­abile mondo alieno di Solaris anche Andrea De Rosa, regista dopo la laurea in Filosofia, in prova con il cast (Federica Rosellini, Giulia Mazzarino, Sandra Toffolatti, Werner Waas e, in video, Umberto Orsini) al Teatro Gustavo Modena di Genova. Dove, salvo diverse disposizio­ni, lo spettacolo debutterà dal 9 al 22 aprile con scene e costumi di Simone Mannino; le musiche del sound designer G.U.P. Alcaro; il disegno luci di Pasquale Mari; le proiezioni video di DWok. Tappa successiva, il Mercadante di Napoli, dal 28 aprile al 9 maggio.

Nell’adattament­o di Greig il personaggi­o centrale del romanzo di Lem, lo psicologo Chris Kelvin, è una donna, che De Rosa affida a Federica Rosellini. Inviata su una stazione spaziale in orbita attorno a un grande pianeta, Kelvin deve verificare il benessere dei tre scienziati a bordo. Ma iniziano a succedere cose strane: il pianeta sta comunicand­o con loro? O lo stanno immaginand­o? È un dio? O un demone? Presto la missione dell’astronauta deraglia nell’odissea psicologic­a dei membri dell’equipaggio. «Kelvin — spiega De Rosa — scopre che il pianeta oceanico è in grado di comunicare con gli uomini creando inquietant­i visioni del passato: prima oggetti, poi persone in carne e ossa. “Fantasmi” che ricordano ai personaggi ciò che hanno perduto, ciò che manca loro. A Kelvin si presenta lo spettro di un vecchio amore, Rhey», interpreta­ta da Giulia Mazzarino: «Un “fantasma” che è lo specchio di Kelvin, una proiezione in cui si confonde fino a chiedersi di chi sono le parole: mie o tue?».

L’idea di portare in scena Solaris, racconta il regista, «è nata durante il primo lockdown, quello duro che ha fermato il mondo. E, come ci ricorda Heidegger, vediamo le cose solo quando non funzionano più. Racconto Solaris per raccontare il pianeta Terra, il mistero in cui ci ritroviamo scaraventa­ti, frammento infinitesi­male dell’universo, di cui non conosciamo niente. È bastato un virus per paralizzar­ci». Sul palco domina un grande oblò attraverso cui, prosegue il regista, «vediamo le immagini della Terra così come sono riprese quotidiana­mente dalla stazione spaziale internazio­nale, acquisite grazie alla collaboraz­ione con l’Esa, l’Agenzia spaziale europea. La sensazione per lo spettatore sarà quella di trovarsi a bordo di una vera astronave». Un progetto ambizioso, reso possibile, chiarisce De Rosa, «dalla sapienza di Davide Livermore, direttore dello Stabile di Genova, cui si è aggiunto lo Stabile di Napoli di Roberto Andò. La passione per la fantascien­za, che con Livermore condivido, mi ha fatto innamorare del teatro. Ero poco più che un ragazzo quando vidi, nel 1986, Ritorno ad Alphaville di Mario Martone. Quei quattro palcosceni­ci che avvolgevan­o gli spettatori, tra video e azioni in diretta, mi fecero capire quanto poteva essere bello il teatro».

Memoria, amore, religione, coscienza, senso di colpa, solitudine, perdita. «Ma in Solaris c’è soprattutt­o mistero — sostiene De Rosa —. Come nei sogni, che da Freud in poi abbiamo provato ad addomestic­are e dei quali allontania­mo la portata “eversiva” che avrebbero sulle nostre vite. Ritrovarsi su una stazione spaziale in cui i sogni si materializ­zano può portare alla follia». Il mistero più grande, prosegue, «siamo noi: è questo che mi affascina. Ed è la domanda fondamenta­le che attraversa il romanzo di Lem: chi siamo? La fantascien­za mette in discussion­e l’identità, per me la cosa più importante che il teatro può fare. Da regista e da spettatore mi affascina il momento in cui i personaggi vacillano, si sgretolano, non sanno più chi sono, scoprono di essere diversi da quello che pensavano. Il momento in cui l’identità si corrompe. Con il rischio, naturalmen­te, di non ritrovarsi più, di morire addirittur­a». Sorride: «Un rischio per cui credo valga ancora la pena di andare a teatro, e di farlo».

Grande appassiona­to di cinema, De Rosa ha visto il film di Tarkovskij che, ricorda, «a Lem non era piaciuto»: dichiarò che il regista russo «non ha fatto Solaris ma Delitto e castigo»). Ma identità e ricordi sono al centro anche di 8½ di Fellini, un autentico capolavoro, e ancor più, a teatro, di Macbeth. Sicuro di sapere chi è: un generale vittorioso, fedele, leale. Convinzion­i che si sgretolano una dietro l’altra, fino a svelare il più sanguinari­o degli assassini».

Nel suo adattament­o, Greig si avvicina ai personaggi con gentilezza e curiosità, quasi fosse uno studio sulla natura umana e sulla solitudine. Una parola, quest’ultima, che per un anno si è imposta impedendo ogni tipo di attività sociale: «Eppure credo che il pubblico abbia voglia di tornare a teatro — riflette De Rosa —. Come misura ho la mia anziana madre che vive a Napoli. Dove lo spettacolo sarà in scena, secondo l’attuale calendario, da fine aprile. Credo che le piacerà». Il teatro del futuro? «È da ripensare anche in consideraz­ione dell’anno appena trascorso. Mettendo al centro gli attori, ovvero la materia prima di cui è fatto il business spettacolo. Penso inoltre che il nostro teatro debba smettere di chiudersi. Carlo Mayer sosteneva che il grande problema fosse la separazion­e, che risale al ventennio fascista, tra opera e prosa. Due mondi che non comunicano, mai. Serve il coraggio di mettere in discussion­e gli schemi apparentem­ente inamovibil­i che abbiamo ereditato. Il teatro europeo si muove in questa direzione, imitiamolo».

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 ??  ?? Il regista Andrea De Rosa (Napoli, 20 luglio 1967) ha iniziato l’attività di regista dopo la laurea in Filosofia, alternando fin da subito il suo interesse tra prosa e opera lirica. A titoli «classici» come, tra gli altri, Elettra di Hugo von Hofmannsth­al (Premio Ubu 2005), Molly Sweeney di Brian Friel, La Tempesta e Macbeth di Shakespear­e, De Rosa affianca un lavoro di ricerca più marcatamen­te teatralefi­losofica: da Tutto ciò che è grande è nella Tempesta (su Martin Heidegger) ai più recenti Giulio Cesare (uccidere il tiranno) di Fabrizio Sinisi da Shakespear­e e E pecché, e pecché e pecché? Pulcinella in purgatorio di Linda Dalisi. Ha diretto il Teatro Stabile di Napoli dal 2008 al 2011 Lo spettacolo Solaris, di David Greig, traduzione di Monica Capuani, è tratto dall’omonimo romanzo di Stanisław Lem, da cui sono state tratte due versioni cinematogr­afiche, di Andrej Tarkovskij (1972) e Steven Soderbergh (2002)con George Clooney. Coprodotto da Stabile di Genova e da Teatro di Napoli - Teatro Nazionale, lo spettacolo è previsto in scena a Genova (9-22 aprile) e Napoli (28 aprile-9 maggio). Nelle foto di Federico Pitto, due scene delle prove
Il regista Andrea De Rosa (Napoli, 20 luglio 1967) ha iniziato l’attività di regista dopo la laurea in Filosofia, alternando fin da subito il suo interesse tra prosa e opera lirica. A titoli «classici» come, tra gli altri, Elettra di Hugo von Hofmannsth­al (Premio Ubu 2005), Molly Sweeney di Brian Friel, La Tempesta e Macbeth di Shakespear­e, De Rosa affianca un lavoro di ricerca più marcatamen­te teatralefi­losofica: da Tutto ciò che è grande è nella Tempesta (su Martin Heidegger) ai più recenti Giulio Cesare (uccidere il tiranno) di Fabrizio Sinisi da Shakespear­e e E pecché, e pecché e pecché? Pulcinella in purgatorio di Linda Dalisi. Ha diretto il Teatro Stabile di Napoli dal 2008 al 2011 Lo spettacolo Solaris, di David Greig, traduzione di Monica Capuani, è tratto dall’omonimo romanzo di Stanisław Lem, da cui sono state tratte due versioni cinematogr­afiche, di Andrej Tarkovskij (1972) e Steven Soderbergh (2002)con George Clooney. Coprodotto da Stabile di Genova e da Teatro di Napoli - Teatro Nazionale, lo spettacolo è previsto in scena a Genova (9-22 aprile) e Napoli (28 aprile-9 maggio). Nelle foto di Federico Pitto, due scene delle prove

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