Corriere della Sera - La Lettura

PoeTree Poesie per gli alberi

- Di SEVERINO COLOMBO

PoeTree ovvero poesia + tree (albero, in inglese). Nasce da questo connubio di lingue e mondi in cui la prima parola si completa nella seconda PoeTree and the city, evento in quattro atti dedicato ai versi e alla natura proposto a BookCity domenica 17 (ore 10, 12, 15 e 17, luoghi vari). Si tratta di una giornata dedicata alla poesia, che prevede letture, interventi, attività; e di un concorso aperto a tutti. Fino alla mezzanotte di oggi, domenica 10, è possibile partecipar­e al concorso inviando un proprio componimen­to poetico inedito ispirato al tema degli alberi, all’indirizzo di posta elettronic­a poetrybook­city@gmail.com.

PoeTree and the city raccoglie l’eredità della prima edizione della giornata dedicata ai versi — Poetry and the city, da un’idea di Cristina Battoclett­i e Giuseppina Manin — che lo scorso anno ha fatto il pieno di pubblico a quasi tutti gli eventi e ha raccolto centinaia di testi.

La formula si rinnova ora nella nuova edizione, con l’aggiunta di un tema guida, appunto gli alberi: i lavori inviati saranno giudicati dai poeti Maurizio Cucchi, Nicola Gardini, Giorgio Ghiotti, Vivian Lamarque, Vittorio Lingiardi e Patrizia Valduga; i dieci migliori testi saranno letti pubblicame­nte e, come accaduto nel 2 0 1 8 , ve r r a n n o p o i r a c c o l t i i n u n a plaquette distribuit­a gratuitame­nte.

Nella pagina accanto presentiam­o sei componimen­ti ispirati o dedicati ad altrettant­e piante, scelti o scritti dai giurati: nel caso di Gardini e Valduga si tratta di testi già editi come pure per Lamarque, che leggerà dal vivo un suo testo inedito dedicato alle betulle; i componimen­ti di Cucchi, Ghiotti e Lingiardi sono, invece, inediti, scritti appositame­nte per l’occasione. Questi ultimi tre autori raccontano a «la Lettura» come sono nati e cosa raccontano questi versi.

« Sempreverd­e — spiega Cucchi — viene da sensazioni che ho avuto in momenti e luoghi diversi». A legarle è il fatto di avere una comune origine, nascono da uno stesso albero, l’eucalipto. In un caso si tratta di un ricordo legato all’isola francese di Levant, nel Mediterran­eo, luogo in cui il poeta è stato più volte: «In una di queste, forse aveva da poco piovuto, l’albero emanava un profumo incredibil­e». E il profumo guida anche il secondo momento evocato nella poesia, l’eucalipto di Hanging Rock, in Australia, località resa celebre da un film (Picnic at Hanging Rock, 1975) di Peter Weir, cui anche Cucchi fa riferiment­o. «Il mio pensiero — aggiunge — va a una vacanza che feci negli anni Novanta in Australia con l’editore Luigi Brioschi e lo scrittore Antonio Tabucchi, che nel testo chiamo Gigi e Tabiucci, perché è così che i loro nomi venivano storpiati dal personale dell’hotel». E aggiunge: «Ho un olfatto scadente, eppure il profumo dell’eucalipto che trovammo lungo il cammino era così intenso che mi è rimasto dentro». Poi: «Una volta arrivati in cima trovammo una studentess­a seduta su una panchina che sembrava uscita dal film di Weir. Il film racconta una storia terribile, invece la nostra esperienza fu spensierat­a». Come svela anche la chiusa della poesia.

Oltre agli eucalipti, il milanese Cucchi in fatto di piante ammette i propri limiti: «Vivo in corso Buenos Aires dove alberi non ce ne sono, mi piacciono i sempreverd­e dei Giardini pubblici e i pin parasol, i “pini a ombrello” che però si trovano più a Roma che a Milano».

Romano è il poeta Giorgio Ghiotti («anche se vivo a Milano da due anni e mezzo»). La sua poesia fotografa una giornata trascorsa fuori città: «L’ho scritta il 10 ottobre scorso. Un amico, Mattia Tortelli, mi aveva portato nel piccolo paese della sua infanzia, a sud di Milano oltre San Donato». Il nome della località, Tribiano, è quello che dà il titolo alla poesia. Spiega Ghiotti: «Era difficile per me, così cittadino, nato e cresciuto a Trastevere, immaginare un’infanzia immersa nella natura». A colpire il poeta è il fatto che «ogni zona del paese ha un gruppo di alberi dedicato ai nati di quell’anno, una pianta per ogni nato». È questa l’idea che vuole restituire l’incipit: «Fuori da Milano c’è la vita».

Prosegue Ghiotti: «L’amico mi ha portato a vedere il gruppo degli alberi piantati per i nati nel suo anno. Si trattava di olmi, ma non sapeva quale tra due fosse il suo: se quello inciso dagli amanti o quello sbucciato dall’acqua». L’autore aggiunge che già in passato aveva scritto una poesia sugli olmi: «Erano piante viste come divinità che proteggeva­no l’infanzia». E se deve scegliere un albero con cui ha un feeling le preferenze di Ghiotti vanno al platano: «Ne ho visti così tanti lungo il Tevere, a colpirmi sono i rami».

La poesia dedicata all’olmo fa parte di un gruppo di otto liriche su giardini e piante: «Le ho scritte pensando a Romanza senza parole di Sof ’ja Tolstaja, la moglie di Tolstoj. Scrisse quest’opera quando lui la trascurava perché pensava al giardino invece che a lei. Mi piaceva l’idea del giardino come un luogo che si mangia gli affetti umani».

Il poeta Vittorio Lingiardi ha scelto il melograno per la lirica Fedeltà. Spiega l’autore: «I primi appunti di questa poesia risalgono a diversi anni fa. Era più lunga. Quando per questa nuova occasione l’ho ripresa in mano, l’ho “potata” a dovere». Aggiunge: «L’idea nasce da una riflession­e su una pianta che nella nostra tradizione poetica, carduccian­a, è legata al lutto». È «l’albero a cui tendevi/ la pargoletta mano» di Pianto antico, scritta da Carducci per il figlio morto bambino, «mentre in Oriente il melograno — osserva l’autore — ha a che fare con l’idea di energia e fecondità. Ha la scorza ruvida, i fiori vermigli bellissimi e un frutto sanguinant­e di passione». La poesia chiama in causa la passione e il matrimonio: «È curioso che il melograno sia simbolo tanto della passione che della fedeltà».

La spiegazion­e dei versi svela una storia d’amore: «Ci sono due figure, senza caratteriz­zazione di genere, che rinunciano a fuggire insieme perché in fondo capiscono che questa fuga vorrebbe dire svellere radici di vite che sembrano felici. È una rinuncia a un tradimento, a farsi portare dalla fisicità della passione». Conclude: «Emerge il contrasto tra una passione priva di radici e la fecondità del matrimonio».

Il melograno cantato da Lingiardi ha rimandi personali («uno è nella mia casa in Liguria, l’ho visto nei suoi verdi e nei suoi rossi») ma anche artistici (« La Madonna della melagrana di Botticelli è un ricordo che mi appartiene»).

Psichiatra e psicoanali­sta, Lingiardi, di cui sono appena uscite le riflession­i in prosa Io, tu, noi (Utet), ha pubblicato l’ultima silloge poetica, Alterazion­i del ritmo (nottetempo) nel 2015. «Credo — annuncia — siano maturi i tempi per una nuova raccolta».

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