Corriere della Sera - Io Donna
L’ultimo mistero di Sandro Botticelli
Un tondo a lui attribuito andrà all’asta a gennaio a New York: raffigura un giovane uomo che ha tra le mani un dipinto senese del Trecento, riprodotto in maniera impeccabile. Perché questo commovente esercizio di stile? E chi è il giovane uomo?
olgora, a vederlo, l’ultimo ritratto di Sandro Botticelli che alla fine di questa triste stagione di clausura, nel gennaio 2021, andrà all’asta da Sotheby’s a New York con la vertiginosa valutazione di 80 milioni di dollari. È un’opera singolarissima. Un giovane che tiene tra le mani un tondo dipinto, assai più singolare dell’analogo ritratto di giovane con il medaglione bronzeo di Cosimo de’ Medici nello stesso schema compositivo. La novità è nel fatto che quel piccolo tondo è, con incantevole effetto di virtuosismo, una tavoletta dipinta con l’immagine di un santo nel perfetto stile neobizantino della pittura senese del primo Trecento. Uno strumento di culto e probabilmente un richiamo al nome del personaggio ritrattato. La mirabile icona tenuta fra le mani dell’elegantissimo giovane, forse anche un po’ convenzionale e di generica bellezza, è un documento di sovrana intelligenza della storia, con filologico rigore. Difficile, se non unica, nella ideale perfezione del Rinascimento, la ricostruzione pittorica in chiave storicistica, con la consapevole identificazione dello stile senese tra Duccio di Boninsegna e Pietro Lorenzetti, a prova di una elasticità e sottigliezza di ingegno senza pari. Il contrasto tra tanta eleganza e tanta verità è sorprendente e indica una intelligenza sofisticatissima. Anche solo l’invecchiamento del fondo oro è condotto con tale perfezione da commuovere, per la totale mimesi oltre il pretesto devozionale. Il personaggio, integro nella sua bellezza entro la spazialità quattrocentesca, fa il resto. Il falso storico richiede un impegno durissimo e spesso vano: non ne rammento esiti simili neanche nel repertorio antiquariale dei ritratti di collezionisti; ma quella particola di pittura antica è magistrale e intellettualmente eccitante, evocando misteriose e indecifrate complicità.
C’è qualcosa di vertiginoso nella provocazione di Botticelli con una soluzione da artista concettuale che anticipa Giulio Paolini. Se pensiamo che, dopo qualche anno, Raffaello avrebbe distrutto gli affreschi quattrocenteschi di Piero della Francesca, Luca Signorelli, Bartolomeo della Gatta e Bramantino, nella cappella Sistina, questo applicarsi a uno stile primitivo da parte di Botticelli ha una sorprendente forza di vita e un significato più intellettualmente provocatorio che esoterico. Botticelli ha una profondità di lettura che gli permette una escursione stilistica di due secoli, incredibile e inedita, anche se ce ne sfuggono il significato e il contenuto. Nella prospettiva storicistica tutto ci appare chiaro, come una prodigiosa testimonianza di intelligenza. Il dipinto non è ignoto agli studi, tanto che Longhi, Zeri e Fahy lo riferirono a Francesco Botticini per le concordanze con un ritratto delle collezioni reali di Stoccolma, fino a che Ronald Lightbown e Richard Stapleford non lo riferirono a Botticelli. Lo scetticismo per la citazione trecentesca
Foggi accresce l’interesse del dipinto, pur senza una soluzione dell’enigma. C’è un piacere nel capriccio che va oltre l’interpretazione autentica. Forse oggi siamo in grado di apprezzare questo anacronismo in senso favorevole e di stimolante esegesi critica. La prima apparizione moderna del dipinto risale agli anni ’30 del Novecento. Apparteneva alla collezione di Lord Newborough a Caernarvon, in Galles: fu probabilmente acquistato da un antenato, sir Thomas Wynn, primo Lord Newborough, in un soggiorno in Toscana nel Settecento. Il ritratto fu quindi ceduto a un misterioso collezionista che lo mise in asta nel 1982 dove l’acquistò l’attuale proprietario, Sheldon Solow, per 810 mila sterline. Per la sua prodiga generosità è stato possibile vederlo in mostra alla Royal Academy e alla National Gallery di Londra, al Metropolitan di New York, alla National Gallery di Washington (dove è stato esposto dal 1990 al 2013) e allo Städel Museum di Francoforte.
Oggi riappare con il clamore del suo originalissimo soggetto. Umanesimo e mondo antiquario connotano l’arte del Rinascimento: questo dipinto, di un ideale di giovinezza intramontabile, ne è un fervidissimo esempio, il corrispondente maschile della Simonetta Cattaneo Vespucci di Botticelli. Sono ritratti concepiti tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, quando Botticelli era all’apice del suo successo e si stava applicando alle opere mitologiche e allegoriche più celebrate dell’arte occidentale, la Primavera (fine anni 1470/inizio 1480) e La nascita di Venere (metà 1480), entrambe agli Uffizi. L’identità del soggetto ritratto è sconosciuta, ma secondo l’opinione di alcuni potrebbe essere Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, il fratello di Lorenzo de’ Medici, mecenate di Botticelli. Il giovane personaggio idealizzato, ma non certamente ideale, indossa un elegante corsetto nero, e sta in posa davanti a una finestra aperta su un cielo terso. Tra le mani nervose e parlanti tiene il medaglione incorniciato di un santo con relativa aureola: è stato identificato come un originale tavoletta del Trecento, attribuita al pittore senese Bartolomeo Bulgarini, che il pittore inserisce nel ritratto (anche se non tutti sono d’accordo: per Longhi l’inserto incomprensibile era un controsenso “antistorico” e anche per Keith Christiansen il tondo costituisce un anacronismo) e il cui significato rimane oscuro. Oggi, nonostante l’anomalia, non possiamo dubitare che si tratti di un’idea originale dell’artista, probabilmente da collegare all’identità del giovane raffigurato (che resta ignoto).
Qualche anno fa la pittrice fiorentina Sandra Brunetti si ispirò al dipinto per trarne una derivazione in bianco e nero, molto suggestiva, animata soltanto da una rosa rossa nella mano del personaggio, in sostituzione del problematico tondo.
Sandro Botticelli, Ritratto di giovane uomo con medaglione (1480 circa).