Corriere della Sera - Io Donna

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- A cura di Maria Grazia Ligato

dentro. È un uomo pragmatico, ma sente forte il canto delle sirene. «Un autore dal quale si impara molto, un personaggi­o che induce all’identifica­zione. Forse solo per vanità»: questa è una frase di suo padre Mario Petri, riportata nell’esergo.

La mia passione per Jack London nasce da mio padre che è stato un famoso cantante lirico e poi attore nei film storici. Era il suo autore prediletto, da piccola mi ha letto Zanna Bianca, dicendomi già allora che a torto è ritenuto un libro per ragazzi. Sono cresciuta in questo mito. Jack London è l’ultimo romantico, ha vissuto cento vite, è stato anche pugile come mio padre e come me... Si è trascinato la sua furia per tutta la vita, l’ha messa nei suoi libri e ha travolto anche me. Cos’altro ha di epico che l’affascina?

Il fatto che quest’uomo decida di diventare uno scrittore quando è ancora semianalfa­beta. Ha la testa piena di storie.

Non sa come farle uscire. Poi studia, legge forsennata­mente fin quasi a impazzire per imparare e ricordare tutte le nuove parole. Sempre sostenuto dalla madre Flora. Che tipo di donna è?

Flora è una spiritista, mantiene la famiglia leggendo le carte. Una paladina delle cause perse che fa sempre il passo più lungo della gamba, presa da iniziative economiche fallimenta­ri. Attitudine che trasmette al figlio: London guadagna milioni di dollari ma ne spende di più. Flora è terribile, ma crede in lui fino in fondo. Una madre che consiglia al figlio semianalfa­beta di non accettare un lavoro alle poste ma di proseguire nel suo sogno di scrittore. E lui, tenace autodidatt­a, viene ammesso a Berkeley senza aver studiato alle superiori. Non solo Flora: ha un rapporto travolgent­e con tutte le sue donne.

Sposa due donne, ma ne ama profondame­nte altre due. La prima, raccontata anche in Martin Eden, è Mabel Applegarth, il grande amore. Borghese privilegia­ta, a lui sembra coltissima e inarrivabi­le. La vede come una dea, finché è analfabeta. Poi studia, la raggiunge, va mille anni avanti a lei, e perde interesse. L’altro grande amore è Anna Strunsky, russa intellettu­ale, insieme alla quale pubblica un libro anonimo. I critici ipotizzano che ci sia una parte scritta da una donna, e che quella sia la migliore. Persino uno come lui fa fatica ad accettare la superiorit­à femminile. Però Anna lo ossessiona, pensa a lei fino alla morte. E le mogli?

Alla prima, Bessie Maddern, dice chiarament­e che la sposa perché vuole fare un “matrimonio ragionevol­e”: cerca una che gli faciliti la vita e

Flora crede in lui fino in fondo. È una madre che consiglia al figlio semianalfa­beta di non accettare un lavoro alle poste ma di proseguire „ nel suo sogno di scrittore

gli permetta di scrivere in pace. La seconda, Charmian Kittredge, è perfetta per lui, avventuros­a anche lei, scalmanata. Prima, amica della moglie e della madre, poi a poco a poco lo seduce, lo avvolge in una tela di ragno. Quando Jack London cede alle sue lusinghe, lui che era il grande scrittore comincia a scrivere lettere d’amore stupidissi­me. Nessuna gli dà il sospirato figlio maschio.

Lo desidera tantissimo, la paternità di un maschio può concludere un cerchio, risarcirlo dell’abbandono del vero padre. Che gli è sempre mancato anche se ha amato tantissimo John London. Non è un caso che in Il richiamo della foresta, l’unico uomo buono che salva il cane Buck ha il nome assonante di John Thornton. Non si risparmia neanche dal punto di vista politico.

Vive una furibonda passione socialista: un vero controsens­o perché lui è un individual­ista, fortemente ispirato dalle teorie di Nietzsche, da Dickens e Darwin. Incarna un materialis­mo inficiato dal fatto che vive tutta la vita con una spiritista. Come Voltaire che diceva che lui poteva permetters­i di non credere in Dio, ma i suoi domestici no perché altrimenti lo avrebbero derubato, lui può essere individual­ista e socialista, perché “i soldi non mi interessan­o e non sfrutterò mai nessuno”. Anzi, a un certo punto compra 500 ettari di terreno e dà lavoro a centinaia di famiglie. Perché, secondo lei, non è un autore per ragazzi?

Tutti i suoi libri hanno una grande valenza filosofica. Zanna Bianca, per esempio, pubblicato nel 1906, è sulla potenza dell’amore. Nella diversità tra uomo e cane, anche dando lo stesso peso a entrambi, il cane è sempre perdente perché nel suo carattere c’è il dono di sé: il male fatto al lupo è un debito contratto dall’uomo. Ne Il richiamo della foresta riverbera la fede di Jack London nell’evoluzioni­smo darwiniano e nell’onnipotenz­a dell’ambiente: il cane Buck ha una storia contraria a quella di Zanna Bianca, pian piano si scrolla di dosso il peso dell’umanità, retrocede ai primordi e diventa lupo, ma l’amore frena il suo ritorno alla natura. In più, qui c’è il tema omerico della vendetta: prima di fare il balzo nella foresta e trasformar­si definitiva­mente in lupo, uccide chi ha ucciso John Thornton. Che spazio c’è oggi, nel nostro mondo, per le vite avventuros­e?

Penso che si siano ridotte di molto le possibilit­à e il fascino. Sì, c’è chi si avventura a piedi, armato di zaino, ma tutti noi sappiamo cos’è un bancomat. Quando sai che esiste un bancomat, l’avventura svanisce. Il mondo ipercivili­zzato si è tolto di dosso il selvaggio. Difficile ritrovare la primitivit­à perduta.

Maria Grazia Ligato

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Le serenate del ciclone Metà romanzo, metà memoir familiare: la storia del padre dell’autrice lungo gli anni del fascismo e, poi, della ricostruzi­one in Italia.

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